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di Rossella Gemma

Inversione di tendenza nei casi di influenza che si riducono nei bambini ma crescono lievemente tra gli adulti. Il dato è stato rilevato nella settimana tra il 29 novembre e il 5 dicembre dal rapporto sull'attività di sorveglianza della rete Influnet dell'Istituto Superiore di Sanità. Nella scorsa settimana si è registrata un'incidenza di 4,77 casi di sindromi simil-influenzali per ogni 1.000 abitanti, pari a circa 282.700 casi, più di 10 mila in meno rispetto alla settimana precedente.

Nonostante il calo, l'incidenza continua a risultare quasi doppia rispetto alla stagione 2019-2020, quando, nella stessa settimana dell'anno, si registrava un'incidenza pari a 2,39 casi per 1000. La fascia della popolazione più colpita continua a essere quella dei bambini al di sotto dei 4 anni, con 17,58 casi per 1.000, ma si registra un calo consistente rispetto alla scorsa settimana, quando l'incidenza era di 21,05 casi per 1.000. In lieve calo anche l'incidenza nella fascia tra i 5 e i 14 anni, passata da 5,68 della scorsa settimana a 5,62 casi per 1.000 dell'ultima rilevazione. Si registra invece un leggero aumento nelle fasce di età con più di 15 anni, con un’incidenza di età di 4,37 casi per 1.000 nella fascia 15-64 (4,02 la scorsa settimana) e di 2,54 casi per 1.000 negli over-65 (2,29 la scorsa settimana). Su scala regionale l'incidenza risulta più elevata in Friuli Venezia Giulia (10,11 casi per 1000), Emilia Romagna (7,54), Lombardia (6,19).

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di Rossella Gemma

La Commissione Tecnico Scientifica di AIFA (CTS), nella riunione del 1° dicembre 2021, ha approvato l’estensione di indicazione di utilizzo del vaccino Comirnaty (Pfizer) per la fascia di età 5-11 anni, con una dose ridotta (un terzo del dosaggio autorizzato per adulti e adolescenti) e con formulazione specifica.  

La vaccinazione avverrà in due dosi a tre settimane di distanza l’una dall’altra. I dati disponibili - rileva la CTS- dimostrano un elevato livello di efficacia e non si evidenzino al momento segnali di allerta in termini di sicurezza. 

Al fine di evitare possibili errori di somministrazione la CTS raccomanda, per la fascia di età in oggetto, l’uso esclusivo della formulazione pediatrica ad hoc suggerendo quando possibile l’adozione di percorsi vaccinali adeguati all’età. 

Nel parere, la CTS osserva che “sebbene l’infezione da SARS-CoV-2 sia sicuramente più benigna nei bambini, in alcuni casi essa può essere associata a conseguenze gravi, come il rischio di sviluppare la sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-c), che può richiedere anche il ricovero in terapia intensiva”. 

Infine la CTS sottolinea che “la vaccinazione comporta benefici quali la possibilità di frequentare la scuola e condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed educativi che sono particolarmente importanti per lo sviluppo psichico e della personalità in questa fascia di età”.

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di Rossella Gemma

Anche i bambini tra i 5 e gli 11 anni potranno effettuare la vaccinazione anti-Covid, fortemente consigliata da pediatri ed autorita' sanitarie. E' infatti arrivato l'atteso via libera dell'Agenzia europea dei medicinali (Ema) cui seguira', la prossima settimana e forse gia' l'1 dicembre, il parere dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). I tempi dovrebbero comunque essere brevi: le prime dosi di vaccino pediatrico Pfizer, secondo quanto si apprende, dovrebbero essere disponibili dal 23 dicembre e le somministrazioni dovrebbero avvenire innanzitutto negli Hub, con percorsi dedicati, ma saranno molto probabilmente coinvolti anche i pediatri e pure le farmacie si sono dette pronte a collaborare. L'Ema ha dunque raccomandato l'estensione dell'indicazione per il vaccino anti-Covid Comirnaty di Pfizer-BioNtech per i bimbi tra 5 e 11 anni: il vaccino e' gia' approvato per l'uso in adulti e bambini over12. Per i piu' piccoli, precisa l'Agenzia - la dose di vaccino sara' inferiore a quella utilizzata nelle persone over12 (10 g rispetto a 30 g). Ma come nel gruppo di eta' piu' avanzata, sara' somministrato con due iniezioni nei muscoli della parte superiore del braccio, a distanza di tre settimane. Uno studio sui bambini tra 5 e 11 anni ha mostrato che la risposta immunitaria a Comirnaty somministrata a una dose piu' bassa (10 g) e' paragonabile a quella osservata con la dose piu' alta (30 g) in pazienti di eta' compresa tra 16 e 25 anni. L'efficacia di Comirnaty e' stata calcolata in quasi 2mila bambini che non presentavano segni di infezione precedente. In questo studio, il vaccino si e' rivelato efficace al 90,7% nel prevenire Covid sintomatico. Gli effetti indesiderati piu' comuni sono simili a quelli delle altre fasce d'eta': dolore al sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, arrossamento. Questi effetti sono generalmente lievi o moderati e migliorano entro pochi giorni. L'Ema ha pertanto concluso che i benefici di Comirnaty per questa fascia di popolazione superano i rischi, in particolare in coloro con condizioni che aumentano il rischio di Covid grave. A consigliare la vaccinazione ai piu' piccoli - circa 4 mln in Italia - sono innanzitutto i pediatri. In questa fascia, "l'incidenza dei casi supera ormai quella di tutte le altre fasce. E, insieme ai contagi, aumentano anche le forme gravi", avverte la presidente della Societa' italiana di pediatria (Sip) Annamaria Staiano. Nei bambini tra 6 e 11 anni, secondo rilevazioni della Sip, sono stati 241.739 quelli che hanno avuto il Covid da inizio pandemia fino a meta' novembre, un numero sottostimato, che ha visto una brusca impennata nelle ultime due settimane. In questa fascia ci sono stati ad oggi anche 1.407 ospedalizzati, 36 ricoverati in terapia intensiva e 9 deceduti. 

Numeri che "dimostrano il valore della prevenzione della malattia attraverso il vaccino anche nei piu' piccoli". Quanto all'organizzazione operativa, per la somministrazione delle dosi ai bambini verranno innanzitutto utilizzati gli Hub vaccinali esistenti, che allestiranno anche percorsi ad hoc. Ma l'intenzione, spiega il sottosegretario alla salute Pierpaolo Sileri, e' di utilizzare tutte le risorse disponibili se cio' sara' fattibile: si aprira' dunque anche a medici e farmacie. Da parte sua, Federfarma, in attesa di indicazioni dal ministero, annuncia la propria disponibilita' sottolineando che nel protocollo gia' siglato per la vaccinazione anti-Covid non sono previste limitazioni alla possibilita' di effettuare le immunizzazioni anti-SarsCoV2 in farmacia, tranne nel caso di soggetti estremamente fragili o che hanno gia' presentato forti reazioni allergiche. Disponibili anche i pediatri di famiglia della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) ma, precisano, "dipendera' dalle singole Regioni, con appositi accordi, coinvolgere o meno i pediatri poiche' l'organizzazione operativa e' regionale".

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di Rossella Gemma

"L'intervallo minimo previsto per la somministrazione della dose 'booster' (di richiamo) con vaccino a m-RNA, alle categorie per cui e' gia' raccomandata (inclusi tutti i soggetti vaccinati con unica dose di vaccino Janssen) e nei dosaggi autorizzati, e' aggiornato a cinque mesi (150 giorni) dal completamento del ciclo primario di vaccinazione, indipendentemente dal vaccino precedentemente utilizzato". Cosi' la circolare del ministero della Salute 'Aggiornamento indicazioni su intervallo temporale tra somministrazione della dose booster e completamento del ciclo primario'. Il provvedimento in gazzetta domani, 23 novembre, è in vigore da mercoledì. Circolare emanata "tenuto conto - si legge nel testo - dell'attuale condizione di aumentata circolazione virale e ripresa della curva epidemica e in un'ottica di massima precauzione". In merito ai dosaggi, il documento indica 30 mcg in 0,3 mL per Comirnaty di Pfizer/BioNTech; 50 mcg in 0,25 mL per Spikevax di Moderna. 

La circolare dopo il via libera dall'Aifa all'anticipazione della terza dose (booster) in una "ottica di massima precauzione", considerando che la circolazione virale è aumentata. In Italia si avvia verso la somministrazione della terza dose cinque mesi dopo l'ultima inoculazione.  

Intanto, il governo spinge sull'acceleratore e si appresta a varare il cosiddetto «super Green pass» che arriverà molto probabilmente entro pochi giorni e prevedrà restrizioni e divieti soltanto per chi non è vaccinato. «Dobbiamo garantire alle attività di rimanere aperte e a chi è immunizzato di continuare la vita sociale», ripetono i ministri accogliendo l'appello che arriva dai governatori. Posizione comune ribadita ieri dal presidente del Friuli-Venezia Giulia e presidente delle Regioni, Massimiliano Fedriga: «Servono al più presto misure differenziate, in modo da favorire l'adesione alla campagna vaccinale degli ultimi indecisi e dare certezze ai ristoratori, agli albergatori, ai negozianti. Non è una discriminazione, è la garanzia per non chiudere tutto».

 

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di Rossella Gemma

Nei primi nove mesi del 2021 il numero dei ricoveri per disturbi psichiatrici di bambini e adolescenti negli ospedali italiani ha superato il totale del 2019. Discontrollo degli impulsi, autolesività, disturbi del comportamento alimentare sono tra le principali diagnosi in maggiore aumento nel 2021, che conferma anche in Italia il trend in aumento a livello globale. È l’allarme della SINPIA - Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza, lanciato dal 29° Congresso Nazionale della Società tenutosi tra il 3 e il 6 novembre alla presenza di oltre 500 neuropsichiatri infantili e di più di 80 tra relatori e moderatori nazionali e internazionali.

“Ci troviamo di fronte una situazione critica - spiega Antonella Costantino, presidente di SINPIA, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza - è necessario agire subito per promuovere il benessere psichico, ridurre al minimo le conseguenze della Pandemia sulla salute mentale della generazione più giovane, individuare il più precocemente possibile i segnali di allarme e saper offrire risposte rapide e appropriate al bisogno. Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito al raddoppio dei pazienti seguiti nei servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza a fronte di risorse in continua diminuzione, in nessun’altra area della medicina si è verificato un aumento così rilevante. E oggi a causa dell’aggravarsi delle criticità già preesistenti alla Pandemia e dei nuovi problemi clinici che stanno emergendo, l’asimmetria tra il bisogno e la capacità di dare una risposta è diventata drammatica”.

I disturbi neuropsichici dell’età evolutiva sono estremamente frequenti e in Italia colpiscono quasi 2 milioni di bambini e ragazzi, tra il 10 e il 20% della popolazione infantile e adolescenziale tra i 0 e i 17 anni. Con manifestazioni molto diverse tra loro per tipologia, decorso e prognosi, per la maggior parte determinate da un complesso intreccio tra predisposizione genetica, vulnerabilità neurobiologica e variabili ambientali e sociali.

Secondo i dati preliminari del più ampio studio internazionale sull’impatto della pandemia sulla salute mentale e fisica di bambini e adolescenti presentato nell’ambito del Congresso SINPIA, il benessere psichico dei minori è diminuito di più del 10% a livello globale, con il raddoppio dei bambini sotto la soglia del disagio e con un aumento di rabbia, noia, difficoltà di concentrazione, senso di solitudine e di impotenza, stress, disturbi del sonno.

Ancora più gravi sono stati gli effetti della pandemia per coloro che presentavano già situazioni di vulnerabilità o fragilità associate, come disturbi neuropsichici preesistenti, situazioni di fragilità sociale e difficoltà economiche, sovraffollamento, lutti, migrazione, impossibilità di accesso o insufficienza di strumenti elettronici per connettersi alla DAD e agli altri servizi. Per questa fascia di minori il peggioramento è stato quasi doppio rispetto ai coetanei sani, stimato di più del 25%. Un peggioramento certificato in Italia dal boom dei ricoveri nel 2021, dopo che nel 2020 a causa delle restrizioni per la pandemia il numero degli accessi al pronto soccorso e in ospedale era precipitato del 25%, con oscillazioni tra il 10 e il 30% nelle diverse regioni.

Ad oggi invece la situazione appare critica e gli esperti SINPIA parlano di una vera e propria onda di ritorno, con più dell’85% dei ricoveri in reparto avvenuti in urgenza, per pazienti con quadri clinici sempre più complessi, peggiorati dal ritardo nell’accesso ai servizi conseguente alla Pandemia. In alcune regioni, 1 minore su 4 viene ricoverato in un reparto di psichiatria dell’adulto per la carenza di posti letto di neuropsichiatria.

Tra le ulteriori criticità evidenziate, gli scompensi psichiatrici acuti nei ragazzi accolti in strutture residenziali educative e terapeutiche e nei minori stranieri non accompagnati, per l’incrocio tra la vulnerabilità e gli aspetti post traumatici di base e una gestione purtroppo spesso troppo rigida da parte delle strutture delle restrizioni, con ancora rilevanti limitazioni alle attività e ai contatti con le famiglie e con l’esterno.

Nel 2020, almeno il 25% dei pazienti ha avuto difficoltà nell’accesso ai servizi territoriali. Molti servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (NPIA) non sono stati in grado di garantire la continuità di cura nel corso della Pandemia, attraverso attività di telemedicina per la carenza nella dotazione tecnologica o la non autorizzazione da parte delle singole aziende. L’introduzione di percorsi di cura integrati tra attività in presenza e attività in telemedicina, particolarmente vantaggiosa in alcuni disturbi del neurosviluppo, è ancora molto problematica.

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di Rossella Gemma

L'Europa "è di nuovo al centro" della pandemia di Covid-19 e si rischiano altre 500mila vittime entro febbraio. E' l'allarme lanciato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui le diseguaglianze nella copertura vaccinale nei diversi Paesi e l'allentamento delle misure preventive hanno riportato l'Europa a "un punto critico". Tutti i 53 Paesi del continente stanno affrontando "una minaccia reale di ripresa del Covid o lo stanno già contrastando", ha avvertito Hans Kluge, direttore dell'Oms per l'Europa, che ha esortato i governi a reimporre o mantenere le misure di prevenzione e distanziamento sociale. "Con l'ampia ripresa del virus - ha detto - chiedo a tutte le autorità sanitarie di riconsiderare con attenzione la possibilità di allentare o revocare in questa fase le misure" di contenimento del Covid.

"Le parole dell'OMS non possono essere sottovalutate, ci mettono in allarme. L'epidemia in Europa è in ripresa, il contagio cresce significativamente in molti Paesi. L'alta diffusione del vaccino in Europa ci sta consentendo, lì dove i livelli crescono, di rompere la catena tra il numero dei contagiati, gli ospedalizzati e i decessi. Dobbiamo guardare con attenzione a questi numeri”, ha spiegato il Ministro della Salute Roberto Speranza, a margine della cerimonia di inaugurazione dell'ottava edizione di FarmacistaPiù. Quelli Italiani sono tra i più bassi sul piano epidemiologico e tra i più alti sulla vaccinazione rispetto agli altri paesi. "La strada dell'investimento forte che come Paese abbiamo scelto di compiere sulla vaccinazione – ha aggiunto Speranza - è la strada giusta. Il vaccino è lo strumento fondamentale per provare a governare questa stagione, i vaccini sono efficaci e sicuri. Con la terza dose alziamo i livelli di protezione per i soggetti più fragili, il personale sanitario o gli ospiti delle Rsa".

“E' di assoluta importanza che tutti si vaccinino, perché nessuno è protetto fino a quando tutti saranno protetti. Occorre seguire tutte le precauzioni con attenzione". Così l'Ema, l'Agenzia europea per i medicinali, ha risposto sulla quarta ondata di Covid-19.

Intanto in Italia, secondo il monitoraggio settimanale della Cabina di regia dell’ISS, sono 13 le Regioni e Province autonome che questa settimana registrano un'incidenza di casi di Covid-19 sopra la soglia critica di allerta fissata a 50 casi su 100mila abitanti, soglia a partire dalla quale diventa difficile riuscire ad eseguire il tracciamento dei casi.

I valori maggiori si registrano nella Provincia autonoma di Bolzano, con 189,1 casi per 100mila abitanti, e in Friuli Venezia Giulia dove il valore dell'incidenza ha raggiunto 139,6 casi per 100mila abitanti. I valori più bassi si registrano invece in Molise (11,1) e Sardegna (14,8).

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di Rossella Gemma

Debolezza da un lato del corpo, bocca storta, difficoltà a parlare o comprendere (afasia), minor forza agli arti, vista sdoppiata o campo visivo ridotto, mal di testa violento e improvviso, insorgenza di uno stato confusionale. Sono i maggiori sintomi dell’ictus cerebrale e sul quale la World Stroke Organization ha voluto accendere i riflettori, sottolineando quanto sia importante il riconoscimento tempestivo dei sintomi lanciando il tema “Minutes can save lives”, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale di oggi, 29 ottobre.

La tempistica, insomma, come chiave fondamentale per salvare vite umane, perché quando si tratta di ictus ogni minuto è fondamentale: per ogni secondo che si ritarda dopo l'ictus vengono bruciati 32mila neuroni e per ogni minuto ben 1,9 milioni.

“L’ictus è una patologia tempo-dipendente - ha spiegato Mauro Silvestrini, Presidente dell’Italian Stroke Association (ISA) e Responsabile della Clinica Neurologica Ospedali Riuniti di Ancona, nel corso del webinar sul tema. I risultati positivi che possono essere ottenuti grazie alle terapie disponibili (trombolisi e trombectomia meccanica) sono strettamente legati, infatti, alla precocità con cui si interviene. È dunque fondamentale riconoscere il prima possibile i sintomi e chiamare il 112 per poter arrivare in tempi rapidi in ospedale. In questo modo si può pensare di ridurre non solo il rischio di mortalità, ma anche di evitare ictus particolarmente gravi, cercando di limitare danni futuri e soprattutto le conseguenze di disabilità, molto spesso invalidanti, causati da questa malattia”.

A.L.I.Ce. Italia Odv è da sempre impegnata in campagne di informazione per favorire la conoscenza dell’ictus cerebrale e dei fattori di rischio che ne favoriscono l’insorgenza, sottolineando che ben l’80% di tutti gli episodi potrebbe essere evitato, partendo proprio dalla individuazione delle condizioni sulle quali si può intervenire, grazie a opportune modifiche nel proprio stile di vita tenendo adeguatamente sotto controllo le patologie che ne possono essere causa.

È dunque di fondamentale importanza ‘intercettare’ il più rapidamente possibile i pazienti con FA e stabilire una terapia anticoagulante per ridurre il rischio di ictus, una volta effettuata la diagnosi.

L’ictus cerebrale, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Quasi 150.000 italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. In Italia, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 1 milione, ma il fenomeno è in crescita sia perché si registra un invecchiamento progressivo della popolazione sia per il miglioramento delle terapie attualmente disponibili.

In occasione della Giornata Mondiale contro l’Ictus, anche l’Istituto Mario Negri ha avviato una campagna di sensibilizzazione sull’ictus e di raccolta fondi a sostegno della ricerca volta ad anticipare la diagnosi e a migliorare la qualità di vita dei pazienti.  I ricercatori dell’Istituto sono impegnati da anni nella ricerca contro l’ictus, attraverso ricerche su modelli sperimentali e su pazienti, coordinate da Maria Grazia De Simoni e da Stefano Fumagalli, del Dipartimento di Neuroscienze. Il lavoro di ricerca ha evidenziato che i vasi del cervello, dopo l’ictus, espongono sulla loro superficie delle nuove proteine che fungono da segnali di pericolo. Il sistema immunitario, riconoscendo i segnali di pericolo attraverso una molecola chiamata MBL, innesca una risposta infiammatoria che contribuisce all’espansione del danno cerebrale.

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di Rossella Gemma

Un ‘puff’ nel naso e la vita è salva: in caso di ipoglicemia severa, il glucagone spray è il primo e unico farmaco che con un gesto semplicissimo offre una soluzione immediata ed efficace al calo repentino ed eccessivo della glicemia nelle persone con diabete. Da oggi, questo farmaco salvavita è anche del tutto gratuito per i pazienti: l’Agenzia Italiana del Farmaco ha infatti appena approvato la rimborsabilità completa del glucagone nasale per le persone con diabete. I pazienti potranno finalmente tirare un sospiro di sollievo e d’ora in poi temere un poco di meno una delle complicanze più pericolose e diffuse della malattia, grazie a uno spray salvavita il cui utilizzo è a prova di errore per chiunque e che può essere tenuto sempre a portata di mano perché non richiede particolari precauzioni nella conservazione. 

“Quando una persona con diabete va incontro a un episodio di ipoglicemia grave, con la perdita di coscienza, non c’è tempo da perdere: non potendo somministrare zuccheri per bocca, è necessario che un’altra persona intervenga subito con il glucagone, l’ormone antagonista dell’insulina che stimola il fegato a rilasciare e produrre glucosio riportando rapidamente la glicemia nella norma – spiega Paolo Di Bartolo, presidente dell’Associazione Italiana Medici Diabetologi e direttore della Rete Clinica di Diabetologia dell’AUSL della Romagna –. Fino allo scorso anno il glucagone era disponibile solo per iniezione intramuscolare ed era perciò necessaria la presenza di qualcuno in grado di somministrarlo; un anno fa è arrivato anche nel nostro Paese il glucagone in formulazione spray per via nasale, una polvere che non deve essere neppure inalata visto che può essere utilizzata anche su pazienti incoscienti. Basta un puff in una narice per ottenere l’effetto. Consentire l’accesso gratuito a questo farmaco, che può essere letteralmente un’ancora di salvezza per i pazienti, è un importantissimo passo avanti per restituire sicurezza ai pazienti e conseguentemente migliorarne la qualità della vita”.

“L’improvviso calo della glicemia al di sotto del valore di 54 mg/ml, che rappresenta la soglia per intervenire al fine di correggere l’ipoglicemia e prevenirne le conseguenze, è un’emergenza imprevedibile che ogni anno riguarda molti pazienti, in particolare quelli in terapia con insulina – precisa Emanuele Bosi, direttore del Centro di Diabetologia e professore di Medicina Interna dell’Università Vita Salute dell’Ospedale San Raffaele di Milano –: nei bambini, negli adolescenti e più in generale in tutte le persone con diabete di tipo 1, soprattutto di lunga durata, il rischio di ipoglicemia riguarda tutti, fino ad oltre il 40% dei pazienti colpiti almeno una volta all’anno. Inoltre, anche se meno frequenti (fino al 25%), episodi di ipoglicemia sono possibili anche in pazienti con il diabete di tipo 2, sempre in terapia con insulina. Per tutte queste persone l’ipoglicemia è una spada di Damocle che incombe e che non fa dormire notti tranquille: infatti, per riprendersi da una crisi è spesso necessaria l’assistenza di un’altra persona, mentre in assenza di soccorsi si può andare incontro alla perdita dello stato di coscienza e addirittura alla morte”.

“Avere sempre con sé un farmaco salvavita e maneggevole da sicurezza a chi ha il diabete: nel caso di perdita di coscienza per colpa della glicemia troppo bassa, chiunque può intervenire e spruzzare il farmaco spray nel naso al paziente e quindi offrire un soccorso adeguato e tempestivo – conclude Claudio Maffeis, presidente SIEDP, Società italiana endocrinologia e diabetologia pediatrica e direttore del Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica dell’AOUI di Verona –. L’utilizzo del glucagone spray è infatti a prova di errore e consente di superare anche una crisi ipoglicemica grave in pochi minuti. Approvato per l’uso al di sopra dei 4 anni d’età, è un prodotto molto maneggevole e pronto all’uso che richiede soltanto la somministrazione in una narice, perché la polvere entra in circolo senza bisogno di essere aspirata e non ci sono aggiustamenti di dosaggio da fare: inoltre, lo spray non risente degli sbalzi di temperatura come accade con il glucagone da iniettare e può essere portato sempre con sé. Aver consentito un accesso gratuito a questa ‘assicurazione sulla vita’ è fondamentale per i pazienti, che avranno quindi libero accesso a una terapia così essenziale”.

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di Rossella Gemma

L’Agenzia Italiana del Farmaco ha pubblicato il nono Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini COVID-19. I dati raccolti e analizzati riguardano le segnalazioni di sospetta reazione avversa registrate nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza tra il 27 dicembre 2020 e il 26 settembre 2021 per i quattro vaccini in uso nella campagna vaccinale in corso.

Nel periodo considerato sono pervenute 101.110 segnalazioni su un totale di 84.010.605 di dosi somministrate (tasso di segnalazione di 120 ogni 100.000 dosi), di cui l’85,4% riferite a eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari.

Le segnalazioni gravi corrispondono al 14,4% del totale, con un tasso di 17 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate. Come riportato nei precedenti Rapporti, indipendentemente dal vaccino, dalla dose e dalla tipologia di evento, la reazione si è verificata nella maggior parte dei casi (76% circa) nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno successivo e solo più raramente oltre le 48 ore.

Comirnaty è il vaccino attualmente più utilizzato nella campagna vaccinale italiana (71,2%), seguito da Vaxzevria (14,5%), Spikevax (12,5%) e COVID-19 Vaccino Janssen (1,8%). In linea con i precedenti Rapporti, la distribuzione delle segnalazioni per tipologia di vaccino ricalca quella delle somministrazioni (Comirnaty 68%, Vaxzevria 22%, Spikevax 9%, COVID-19 vaccino Janssen 1%).

Per tutti i vaccini, gli eventi avversi più segnalati sono febbre, stanchezza, cefalea, dolori muscolari/articolari, reazione locale o dolore in sede di iniezione, brividi e nausea.

In relazione alle vaccinazioni cosiddette eterologhe a persone al di sotto di 60 anni che avevano ricevuto Vaxzevria come prima dose sono pervenute 262 segnalazioni, su un totale di 644.428 somministrazioni (la seconda dose ha riguardato nel 76% dei casi Comirnaty e nel 24% Spikevax), con un tasso di segnalazione di 40 ogni 100.000 dosi somministrate.

Nella fascia di età compresa fra 12 e 19 anni, alla data del 26/09/2021 sono pervenute 1.358 segnalazioni di sospetto evento avverso su un totale di 5.623.932 di dosi somministrate, con un tasso di segnalazione di 24 eventi avversi ogni 100.000 dosi somministrate. La distribuzione per tipologia degli eventi avversi non è sostanzialmente diversa da quella osservata per tutte le altre classi di età.

Relativamente alla somministrazione della terza dose, iniziata nel mese di settembre, è stata effettuata soltanto una segnalazione, a fronte di circa 46.000 dosi somministrate.

Considerata la stabilità dell’andamento delle segnalazioni per i diversi vaccini COVID-19, il Rapporto di sorveglianza non sarà più pubblicato con cadenza mensile bensì trimestrale. Resta invece mensile l’aggiornamento dei grafici interattivi disponibili sul sito dell’AIFA.

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di Rossella Gemma

L’Italia è tra i Paesi al mondo dove si nasce meglio, con tassi di mortalità neonatale bassissimi (2,1 rispetto a 2,9 della Germania, 2,6 della Danimarca, 2,7 dell’Olanda e 2,9 dell’Inghilterra, per mille nati vivi).

A riferire i dati Eurostat 2021, in apertura del XXVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Neonatologia in corso fino a sabato 9, è stato il presidente Sin, Fabio Mosca. “Esistono ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto per ridurre il divario tra i tassi di mortalità neonatale al Nord e Centro Italia rispetto al Sud Italia e alle isole, ma la rete dei nostri punti nascita è tra le migliori in Europa”.

Per attivare dei percorsi di miglioramento organizzativo e assistenziale, cogliendo e mettendo in luce le varie criticità, soprattutto tra le diverse regioni, la SIN ha realizzato il Libro bianco della neonatologia 2019,  che ha fornito una “fotografia” dell’organizzazione delle cure neonatologiche e perinatologiche in Italia e numerose survey conoscitive, che hanno consentito di disporre di un patrimonio di conoscenze di fondamentale importanza per orientare le scelte future di Istituzioni e professionisti del mondo sanitario. La tesi di fondo è che la conoscenza delle caratteristiche dei reparti di Neonatologia è indispensabile per valutarne i punti di forza e di debolezza rispetto agli standard riconosciuti e per pianificare, di conseguenza, le possibili azioni di miglioramento.

Attraverso un questionario molto articolato, inviato ai responsabili di tutte le Neonatologie italiane, sono stati analizzati alcuni degli aspetti strutturali ed organizzativi più rilevanti di questi reparti: la dotazione di posti letto, la dotazione di personale medico ed infermieristico in relazione al numero di posti letto, il livello di complessità assistenziale, le politiche di accesso dei genitori ai reparti, la disponibilità di servizi diagnostici e di tecnologie, la tipologia di trattamenti disponibili. L’ultima parte del questionario è stata, infine, dedicata alle caratteristiche organizzative relative al lavoro di equipe ed agli aspetti formativi e motivazionali degli operatori.

L’indagine ha evidenziato che nel 2019 erano attivi sul territorio nazionale 411 punti nascita con questa distribuzione geografica: 172 al Nord, 79 al Centro e 160 al Sud ed Isole. Di questi sono 118 i punti nascita dotati di Terapia Intensiva Neonatale (TIN), di cui 44 (37%) al Nord, 21 (18%) al Centro e 53 (45%) nel Sud ed Isole.

Hanno risposto al questionario 203 reparti pari al 49% del totale, di cui 101/172 (58%) al Nord, 48/79 (61%) al Centro e 54/160 (34%) al Sud ed Isole. Dei centri che hanno risposto 96 (47%) sono dotati di TIN e 107 (53%) ne sono privi.

I nati inborn in questi centri sono stati 232.912, pari al 55.4% dei 420.795 nati vivi in Italia nel 2019 (fonte CEDAP 2019). Il numero medio di parti nei punti nascita è stato uguale a 1087, tuttavia, 18 centri (9%) hanno riportato <500 parti, 80 centri (39%) >500-999 parti, 66 centri (33%) hanno riportato 1000-1999 parti, 18 centri (9%) 2000-2999 parti ed, infine, solo 11 centri (5%) hanno riportato >3000 parti. I centri TIN con <500/anno nati sono risultati il 16% al Nord, il 19% al Centro ed il 32% al Sud e Isole.

I nati con età gestazionale <27 settimane sono stati 1.175, pari allo 0,74% del totale. Nel 50% dei centri, tuttavia, la loro percentuale è risultata più bassa, pari allo 0.34% con un range molto ampio (0-2.69%). I nati con età gestazionale <27 settimane sono stati lo 0.7, 0.6 e 0.8% del totale dei nati nel Nord, Centro e Sud Italia ed isole, rispettivamente.

L’esame dei risultati evidenzia come spesso il volume dei nati Very Low Birth Weight (VLBW) sia minore rispetto agli standard organizzativi riconosciuti a livello nazionale ed internazionale e ciò potrebbe influenzare negativamente l’outcome dei pazienti assistiti nei centri più piccoli.

L’attitudine dei diversi centri ad assistere neonati che richiedono terapia chirurgica/cardiochirurgica riflette l’attuale orientamento a concentrare questi pazienti in pochi centri qualificati e ciò appare congruo anche in relazione al calo demografico che ne ha progressivamente ridotto il numero.

Le dotazioni strumentali per il trattamento dei neonati ricoverati in TIN e la disponibilità di servizi diagnostici e di consulenza sono risultati complessivamente buoni e non hanno evidenziato rilevanti differenze tra le diverse aree del nostro paese. Tuttavia, molto rimane da fare per quanto riguarda l’accessibilità dei genitori ai reparti e la loro apertura h24, soprattutto al Centro (56% dei centri TIN con accesso libero H24) e Sud Italia ed Isole (34%) rispetto al Nord (88%) e sul fronte della digitalizzazione, in particolare per la diffusione delle cartelle cliniche informatizzate, molto deficitaria.

“I risultati di queste indagini evidenziano l’importanza della raccolta e dell’analisi dei dati per valutare l’efficienza della rete dei punti nascita italiani, in particolar modo quelli dotati di TIN. Complessivamente, per la prima volta possiamo conoscere in modo approfondito alcune delle più importanti caratteristiche organizzative dei centri TIN del nostro paese, indispensabili per valutarne i punti di forza e di debolezza rispetto agli standard riconosciuti e per pianificare, di conseguenza, le possibili azioni di miglioramento”, conclude il Presidente della SIN, Fabio Mosca.