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News Letter dell'ordine

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di Rossella Gemma

“In Italia occorre con coraggio affrontare e risolvere la questione infermieristica: rispetto alla media dei Paesi europei, e riferendoci alla popolazione nel suo complesso, l’Italia presenta un gap di –3,93 infermieri ogni 1.000 abitanti, soprattutto rispetto al fabbisogno per le fasce più anziane (e in crescita) della popolazione perché nel paese si registra un tasso molto inferiore alla media europea”. L’appello arriva forte e chiaro da FNOPI, la Federazione nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, alla Winter School 2022 di Pollenzo, dal titolo ‘Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute’, organizzata da Motore Sanità - evento in collaborazione con l’Università degli Studi degli Studi di Scienze Gastronomiche, promosso e divulgato da Mondosanità e da Dentro la Salute - durante la sessione intitolata “Distinzione tra diagnostica di 1° e 2° livello, home care di alta complessità e offerte integrate - La normativa sui futuri ruoli del personale non medico nel territorio”.

I dati sono allarmanti e devono spingere ad un cambiamento organizzativo. Nel 2018 in Italia operano 5,5 infermieri per 1.000 abitanti contro i 7,8 del Regno Unito, i 10,8 della Francia ed i 13,2 della Germania. Solo la Spagna si attesta a un tasso simile a quello italiano, pari a 5,8 ogni 1.000 abitanti. Alla luce di questi dati, per adempiere agli obiettivi di riorganizzazione dell’assistenza territoriale in Italia mancano oltre 60mila con una suddivisione su base regionale pari a 27mila al Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole.
Secondo FNOPI, le proposte a breve, medio e lungo termine per far fronte alla carenza di infermieri sono: la possibilità di aumentare il numero di docenti-infermieri nelle università (oggi ce n’è uno ogni 1.350 studenti contro uno ogni sei di altre discipline) per poter poi incrementare con la giusta qualità il numero di infermieri la cui carenza è ormai un allarme sotto gli occhi di tutti; la previsione di una valorizzazione economica e organizzativa delle competenze specialistiche degli infermieri introducendo corsi di laurea magistrale ad indirizzo specialistico professionale e sviluppare le competenze digitali per supportare l’innovazione dei modelli di servizio; promuovere una cultura diffusa della ricerca clinica; il superamento del vincolo di esclusività che oggi lega l’infermiere nel rapporto di lavoro con il servizio sanitario pubblico.
“La valorizzazione del personale è una condizione indispensabile per accompagnare i grandi processi di innovazione del Servizio sanitario nazionale così da rispondere ai nuovi fabbisogni di salute, all’evoluzione demografica e sociale, alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, agli shock come quello dell’epidemia di Covid-19 – spiega Carmelo Gagliano, Componente Comitato Centrale FNOPI -. In un contesto professionale è necessario far leva sulla motivazione dei professionisti, garantire l’autonomia e l’esercizio della responsabilità, investire sullo sviluppo delle competenze, promuovere il merito e riconoscere i risultati”.

Il tema del rafforzamento dei servizi sanitari e sociali in ambito territoriale è da tempo agli onori della cronaca e oggi reso inevitabilmente cogente e prioritario dalla pandemia sanitaria che tutto il mondo si trova ad affrontare. Numerose sono le iniziative legislative in materia di riordino dei modelli e standard per l’implementazione e riorganizzazione dell’assistenza territoriale che in ordine cronologico vedono: il D.M.2 aprile 2015 n. 70 Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera; il DPCM 12/01/2017 Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. laddove all’art. 22 disciplina l’organizzazione del servizio di “Cure domiciliari”; intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131 adottato in data 04 agosto 2021 sul documento recante “Proposta di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’autorizzazione all’esercizio e requisiti ulteriori per l’accreditamento delle cure domiciliari, in attuazione dell’articolo 1, comma 406, della legge 30 dicembre 2020, n. 178”; la legge 17/07/2020 n. 77  quale conversione del D.L. n. 34/2020 “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” con la quale si identifica la figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità  un professionista che opera sul territorio ed ha un forte orientamento alla gestione proattiva della salute e opera rispondendo ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito territoriale e comunitario di riferimento, favorendo l’integrazione sanitaria e sociale dei servizi.  
In ultimo, con l’avvio di tutti i processi correlati al Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) si tenta di armonizzare e contestualizzare l’insieme dei servizi territoriali valorizzando la figura dell’infermiere e dell’“infermiere di famiglia e Comunità” in particolar modo, quale agente di cambiamento. 
“La sfida è decisiva per garantire le necessarie risposte sanitarie e sociali alla popolazione – conclude Carmelo Gagliano - ma occorre anche tener conto nella definizione di nuove funzioni e competenze per l’infermiere e le professioni sanitarie tutte, anche la questione correlata agli organici del personale e allo sviluppo delle competenze specialistiche”. 

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PROT. N. 532                                                                                                      FROSINONE, 17/01/2022

 ASSEMBLEA ORDINARIA

ISCRITTI ALL’ORDINE    

La S.V., ai sensi degli artt. 23 e 24 del DPR 5/04/1950 N.221, è convocata all’Assemblea degli Iscritti all’Albo dei Medici Chirurghi e degli iscritti all’Albo degli Odontoiatri che avrà luogo presso la sede dell’Ordine, in FROSINONE – VIA FOSSE ARDEATINE N.101, in prima convocazione il 27/01/2022, alle ore 23,30, in

SECONDA CONVOCAZIONE VENERDÌ 28 GENNAIO 2022, ALLE ORE 18:30

 ORDINE DEL GIORNO:

  1. Relazione del Presidente;
  2. Approvazione Bilancio di Previsione 2022;
  3. Varie.

 Il bilancio è a disposizione degli iscritti per la consultazione.

            Si ricorda che, in caso di impedimento a partecipare direttamente all’Assemblea, è ammessa delega, che deve essere apposta in calce al presente avviso di convocazione e trasmessa, firmata, via pec/email o a mano dal delegato partecipante.

     Nessun iscritto, ai sensi di legge, può essere investito di più di due deleghe.

                        Cordiali saluti.

                                                                                      IL PRESIDENTE

                                                                                    Dr. Fabrizio Cristofari

 …………………………………………………………………………………………………………

D  E  L  E  G  A

Io sottoscritto Dr./Dott.ssa_________________________________________________

                                                                       delego

il/la Dr./Dott.ssa__________________________________________________________

a rappresentarmi, ad ogni effetto di legge, in seno all’Assemblea convocata per il giorno

27/01/2022, alle ore 23,30, in prima convocazione, e per VENERDÌ 28 GENNAIO 2022, ALLE ORE 18:30, IN SECONDA CONVOCAZIONE.

_________________________________         __________________________________

                 luogo e data                                                                                                        firma

EMERGENZA COVID – CONTRASTO E CONTENIMENTO

Invitiamo gli iscritti ad attenersi scrupolosamente alle note indicazioni del protocollo di sicurezza, prevenzione, contrasto e contenimento Covid-19 presenti sul sito istituzionale. Grazie.

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di Rossella Gemma

Un “Recovery Plan” dedicato all’oncologia. E’ la richiesta degli specialisti fatta sulla base dei dati fotografati dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) che oggi, 4 febbraio, in occasione della Giornata mondiale contro il cancro (World Cancer Day), organizzerà il Convegno nazionale virtuale sulle “Sfide globali e il cancro”. L’incontro include anche l’evento sui diritti delle persone che hanno superato la malattia (“Dottore sono guarito?”), organizzato da Fondazione AIOM.

Secondo i dati, nel nostro Paese sono attive 371 Oncologie, l’85% ha un servizio di supporto psicologico. Le Breast Unit, dedicate alla cura del tumore della mammella, sono 287, di queste l’80% tratta più di 150 nuovi casi ogni anno (la soglia minima stabilita a livello europeo). Significativi i passi avanti realizzati nella definizione dei percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (PDTA), essenziali per garantire un’assistenza multidisciplinare, sono stati infatti deliberati dalle reti oncologiche ben 1.375 documenti. Quasi l’80% delle strutture ha una nutrizione clinica di riferimento.

In quanto a criticità, queste riguardano in particolare l’assistenza domiciliare oncologica, disponibile solo per il 68% dei centri. Inoltre, sono da implementare i gruppi di cure simultanee. Preoccupa soprattutto l’aumento di casi di tumore in fase avanzata, a causa dei ritardi nelle diagnosi e nelle cure accumulati in 24 mesi di pandemia.

“Serve subito un ‘piano di recupero’ dell’oncologia, per colmare i ritardi nell’assistenza ai pazienti oncologici, che vada dalla diagnosi alla chirurgia, alla terapia medica fino alla radioterapia - afferma Saverio Cinieri, Presidente Nazionale AIOM. Senza un’adeguata programmazione, che preveda l’assegnazione di risorse e personale dedicato, le oncologie del nostro Paese non saranno in grado di affrontare l’ondata di casi di cancro in fase avanzata stimati nei prossimi mesi e anni. In queste settimane, la nuova ondata della pandemia causata dalla variante Omicron sta mettendo in crisi la gestione dei reparti di oncologia e l’attività chirurgica programmata è stata sospesa o rallentata, poiché le terapie intensive sono occupate da pazienti con Covid. I danni per le persone colpite da cancro rischiano di essere molto gravi, in quanto il successo delle cure dipende anche dai tempi brevi entro cui viene eseguito l’intervento chirurgico. Chiediamo alle Istituzioni di definire una programmazione a medio e lungo termine sulla conservazione e implementazione dell’attività oncologica ospedaliera”.

Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 377mila nuovi casi di tumore. L’alto livello dell’assistenza oncologica nel nostro Paese è evidenziato dalle percentuali di sopravvivenza a 5 anni, che raggiungono il 65% nelle donne e il 59% negli uomini. Inoltre, in sei anni (2015-2021), si è osservato un calo complessivo della mortalità per cancro del 10% negli uomini e dell’8% nelle donne.

Nel 2020, in Italia, le nuove diagnosi di neoplasia si sono ridotte dell’11% rispetto al 2019, i nuovi trattamenti farmacologici del 13%, gli interventi chirurgici del 18%. Non solo. Gli screening per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colon retto hanno registrato una riduzione di due milioni e mezzo di esami nel 2020 rispetto al 2019. Sono state stimate anche le diagnosi mancate: oltre 3300 per il tumore del seno, circa 1300 per il colon-retto (e 7474 adenomi in meno) e 2782 lesioni precancerose della cervice uterina.

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di Rossella Gemma

Niente più restrizioni per i vaccinati, anche in zona rossa, green pass con durata illimitata per chi ha completato il ciclo vaccinale ma anche per chi ha fatto solo due dosi di vaccino ed è guarito dal Covid, quarantena a scuola da 10 a 5 giorni e solo per i non vaccinati, didattica a distanza che scatta da cinque casi in su per nidi, materne ed elementari, stranieri che potranno accedere ad alberghi e ristoranti anche se hanno solo il pass base. A distanza di un mese dall'ultimo decreto, il Governo rivoluziona nuovamente le regole anti Covid ma stavolta l'obiettivo, grazie alle vaccinazioni e sulla base dei dati che indicano da giorni il calo della curva dei contagi, è quello di garantire ancora maggiore libertà a chi ha seguito le indicazioni e si è vaccinato, semplificare le regole, ridurre le restrizioni e riaprire l'Italia nelle prossime settimane. Il decreto con le nuove norme entrerà in vigore il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dunque nelle prossime ore, in modo che sia operativo per lunedì 7 febbraio. "Siamo in una fase e in un tempo nuovo" sintetizza il ministro della Salute Roberto Speranza. Nulla cambia invece per il lavoro da remoto: "Sullo smart working restano vigenti i provvedimenti attuali, nessuna modifica dal Cdm", precisa Speranza.

 

 

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di Rossella Gemma

Consentire il ritiro dei farmaci antivirali per il trattamento del Covid-19 presso le farmacie di comunità, oltre che presso quelle ospedaliere; semplificare ed uniformare le procedure per il rientro a scuola degli studenti dopo la quarantena, in particolare eliminando ovunque il certificato del medico o del pediatra, che ancora molte scuole continuano a richiedere; superare alcune disfunzioni del sistema che ad oggi non sempre rende disponibile in tempi rapidi il green pass rafforzato, in particolare per chi ha fatto due dosi di vaccino e successivamente è guarito dall’infezione.

Sono queste le tre principali richieste che Cittadinanzattiva ha inviato in una lettera aperta al Ministro della Salute Roberto Speranza e al Commissario Figliuolo. “Numerose sono le difficoltà che nelle ultime settimane - dichiara Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva - i cittadini segnalano ai nostri servizi di assistenza, informazione e tutela e che denotano la cosiddetta “burocrazia da covid”. Difficoltà a districarsi fra le regole, tempi lunghi per uscire dall'isolamento e dalle quarantene, anche a causa della richiesta a volte di certificati inutili e di procedure che variano anche di Asl in Asl o da un istituto scolastico all'altro. È indispensabile infatti semplificare alcune procedure, innanzitutto a vantaggio delle persone e per rispondere al senso di responsabilità che la gran parte di esse mostra da ormai due anni nel contrasto alla pandemia; e nello stesso tempo per alleggerire il sistema, in particolare i medici di famiglia e i pediatri, come anche i dirigenti scolastici, che in queste ultime settimane sono stati messi a dura prova dal rapido diffondersi della variante Omicron”.

In tema di Antivirali per il trattamento di pazienti affetti dall'infezione da COVID-19, non ospedalizzati e con malattia lieve-moderata, le segnalazioni fanno riferimento a cittadini che lamentano la scomodità di andare a ritirare gli antivirali presso le strutture accreditate spesso distanti rispetto alla loro abitazione. “Potrebbe essere più funzionale ed agevole per i pazienti ritirare i farmaci presso le farmacie di Comunità che potrebbero essere accreditate secondo la modalità di consegna ‘per conto’”.

Le segnalazioni a Cittadinanzattiva relative al Green pass sono le più numerose, in particolare i cittadini lamentano malfunzionamenti della piattaforma. Non sono poche, poi, le famiglie che lamentano difficoltà per far rientrare a scuola i propri figli dopo l'esito negativo del tampone effettuato a fine quarantena. Le procedure appaiono difformi da istituto ad istituto, anche all'interno della stessa asl di riferimento. “Chiediamo che, anche in sinergia con il Ministero dell’Istruzione, sia ribadita la semplificazione ed omogeneizzazione delle procedure per il rientro a scuola degli studenti degli istituti di ogni ordine e grado e sia accettato il test rapido o molecolare negativo senza certificato del medico di base o del pediatra di libera scelta”.

La Guida sul coronavirus disponibile sul sito web di Cittadinanzattiva fornisce informazioni semplici ed aggiornate, in particolare nuovi approfondimenti su farmaci antivirali e mascherine FFP2. I cittadini possono inviare segnalazioni e richieste di informazioni alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

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di Rossella Gemma

L’aumento dei contagi nelle ultime settimane ha posto nuovamente tanti pazienti di fronte alle difficoltà di gestire l’infezione da SARS-CoV-2 a domicilio. I sintomi generalmente lievi che caratterizzano i pazienti vaccinati colpiti dalla variante Omicron hanno moltiplicato il numero dei soggetti a cui prestare attenzione, molti dei quali cercano la gestione migliore per la propria positività.

In questo scenario non può essere dimenticato che nella società moderna e civile esistono delle regole che devono essere rispettate. Nel campo della medicina, le regole prescrittive sono dettate dagli enti regolatori (in Italia, AIFA) e si basano sulla verifica di evidenze scientifiche derivanti a loro volta dalla valutazione e confronto ripetuto dei risultati di studi clinici controllati. Ne conseguono raccomandazioni ed indicazioni diffuse dalle linee-guida. La Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie – SIMG e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT sono così intervenute per proporre le più attuali indicazioni terapeutiche nei diversi casi.

SIMG e SMIT affermano che l’appropriatezza prescrittiva non si limita solo all’utilizzo di un farmaco in conformità con le indicazioni registrate, ma anche al dosaggio ed ai tempi di somministrazione, considerando non per ultimi gli aspetti amministrativi e normativi. È sempre utile ricordare che l’improvvisazione e l’utilizzo inappropriato di un farmaco può in taluni casi comportare il rischio di eventi avversi anche gravi ed esporre ad effetti collaterali importanti. Per cui al medico corre l’obbligo etico e deontologico di prescrivere farmaci off-label (al di fuori delle indicazioni registrate e del contesto clinico specifico) solo nell’ambito di studi clinici controllati e dietro firma di consenso informato da parte del ricevente.

In campo COVID-19 restano tutt’oggi valide le indicazioni fornite con i documenti di raccomandazione prodotti alcuni mesi fa e che vedono l’intervento prescrittivo del medico in base a decisioni di tipo clinico-terapeutiche. In particolare, l’astensione terapeutica ed il monitoraggio del caso sono raccomandati di fronte ad un paziente completamente privo di sintomi, mentre l’utilizzo di farmaci sintomatici (antipiretici, antinfiammatori, antitussigeni, decongestionanti nasali) è da valutare nei soggetti paucisintomatici non a rischio di evoluzione. Quest’ultimo aspetto deve essere preso in considerazione in tutti i pazienti già alla comparsa dei primi sintomi, anche lievi, e deve essere attentamente valutato, oltre che con semplici strumenti - saturimetro – e scale – MEWS -, soprattutto con l’applicazione di indici affidabili presenti nei software della medicina generale – HS-CoVI(Vulnerability Index)d – che tengono conto della presenza di una serie di fattori influenti negativamente sull’evoluzione della malattia. A questo calcolo deve essere aggiunto lo stato vaccinale del malato (dosi, tipo di vaccino, distanza temporale dall’ultima somministrazione). In definitiva, in presenza di rischio elevato in un malato fragile/vulnerabile, il medico curante è tenuto oggi ad avviare quanto prima i contatti con i centri specialistici di riferimento per la prescrizione/somministrazione di anticorpi monoclonali specifici e/o di antivirali ad azione diretta anti-SARS-CoV-2.

Questi rimedi terapeutici rappresentano ad oggi le sole cure specifiche domiciliari per i pazienti con COVID-19 di grado lieve-moderato. Il medico che non si adegua a queste linee-guida commette un grave atto di negligenza e può essere incolpato. D’altro canto, è proprio questo aspetto che viene sancito dalla legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) ‘Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie’ che sottolinea la sicurezza delle cure quale essenza basilare del diritto alla salute del cittadino e prevede al contempo l’obbligo agli esercenti le professioni sanitarie di seguire le raccomandazioni indicate dalle linee-guida o, in assenza di queste, di attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali.

In linea con la suddetta legge, SIMG e SIMIT ribadiscono l’obbligazione per il professionista di fare riferimento esclusivamente alle migliori e più aggiornate evidenze scientifiche disponibili. Quindi, in conclusione, la sospensiva prodotta di recente dal TAR Lazio (n.419 del 15 gennaio 2022) nei confronti della circolare ministeriale sulle cure domiciliari dello scorso 26 aprile 2021, non disporrebbe alcuna deroga al principio introdotto dalla Legge 24, che rimane il riferimento principe per la responsabilità del professionista senza contraddire l’indipendenza decisionale del professionista su come meglio curare il malato basandosi sulla corretta interpretazione del caso e conseguentemente del suo trattamento più idoneo.

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di Rossella Gemma

Definite dalle linee guida internazionali “capaci di cambiare la storia naturale della malattia”, le glifozine (o SLGT2), nate come anti-diabetici, rappresentano attualmente la più importante innovazione terapeutica dello scompenso cardiaco, in grado di ridurre mortalità e ricoveri anche nei pazienti non diabetici. Tuttavia l’Italia, finora, non aveva recepito la nuova indicazione terapeutica, già approvata da EMA lo scorso anno e, nel nostro Paese, l’utilizzo di questa nuova classe di farmaci era rimasto molto inferiore rispetto a quanto atteso secondo le raccomandazioni delle nuove linee guida internazionali.

“La rimborsabilità di Dapaglifozin, il primo farmaco della classe delle glifozine ad essere approvato in Italia per la cura dello scompenso nei pazienti con e senza diabete di tipo 2, rappresenta un’ottima notizia per gli oltre un milione di italiani che soffrono di questa grave patologia, per la comunità scientifica e in particolare per i cardiologi   – afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto Società Italiana di Cardiologia (SIC) – Finora per consentire un effetto protettivo sul cuore grazie all’ausilio di queste innovative molecole chi soffriva di scompenso senza diabete doveva pagare il farmaco e rivolgersi al diabetologo anziché al cardiologo, con spreco di risorse e di tempo, facendo aumentare la complessità del percorso terapeutico già di per sé difficile perché deve essere adattato in maniera sartoriale”. “L’estensione della prescrivibilità delle glifozine anche al cardiologo permetterà una più efficace gestione del paziente con insufficienza cardiaca, con o senza diabete, la semplificazione del percorso assistenziale e, soprattutto, una riduzione del 25-30% dei ricoveri e della mortalità”, prosegue Perrone Filardi.

Lo scompenso cardiaco (o insufficienza cardiaca) è l’esito finale di tutte le cardiopatie e si verifica sostanzialmente quando il cuore non riesce più a pompare sangue a sufficienza. In Italia colpisce circa il 2% della popolazione generale ed è in crescente aumento soprattutto negli over 65, con una mortalità del 20% nelle sue forme più gravi. Assorbe il 2% della spesa sanitaria nazionale ma si tratta di costi per il 60% dedicati ai ricoveri e solo per il 10% alla spesa per i farmaci. “Lo scompenso cardiaco è una condizione purtroppo frequente e ha una prevalenza che aumenta negli anziani arrivando anche al 10%: causa un peggioramento della qualità di vita e della capacità di affrontare le attività quotidiane, e frequenti ricoveri per mancanza di respiro o accumulo di liquidi nell’organismo, fino a una maggiore mortalità”, osserva Ciro indolfi, presidente SIC. Ma per fortuna negli ultimi anni l’armamentario terapeutico si è arricchito di nuove armi. “Negli ultimi due anni abbiamo avuto risultati straordinari di grandi studi clinici proprio sulle glifozine che hanno dimostrato grande efficacia nel ridurre mortalità e ricoveri per insufficienza cardiaca ma anche nel migliorare la qualità di vita del paziente” - sottolinea l’esperto -  “Questa nuova classe di farmaci agisce con un meccanismo metabolico del tutto nuovo: inizialmente studiati e utilizzati come antidiabetici, consentirebbero di evitare fino a 40mila  decessi l’anno. A questo si associa un’ottima tollerabilità e la possibilità di una singola dose al giorno, con scarsi effetti sulla pressione arteriosa e miglioramento della funzione renale”.

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di Rossella Gemma

Le prestazioni sanitarie tornano ad essere a rischio e a farne le spese saranno soprattutto i più fragili. Da lunedì 10 gennaio è scattato lo stop ai ricoveri programmati e alle attività di specialistica ambulatoriale non urgenti nelle strutture sanitarie pubbliche della Regione Campania. In Piemonte le visite non urgenti erano già state sospese a dicembre. Campania e Piemonte sono solo le regioni che hanno ufficializzato l’emergenza: la verità è che all’Osservatorio Malattie Rare giungono continuamente segnalazioni provenienti da tutto il territorio nazionale.

“Le denunce dei ritardi a danno dei pazienti sono tante, troppe – denuncia Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare-OMaR – e sembra che nessuna regione italiana sia risparmiata. Il Governo ha stanziato 500 milioni ad agosto e altri 500 milioni sono approvati dalla legge di bilancio, ma i malati rari e cronici non hanno tempo di aspettare, rischiano che la propria situazione si aggravi irreversibilmente, rischiano di morire nell’attesa. È tempo che le risorse siano riallocate in maniera definitiva, creando percorsi dedicati in tutti i presidi. L’emergenza ormai dura da troppo tempo, non è più una questione differibile”.

Sono 13 milioni le visite specialistiche sospese a causa del Covid-19, 300mila i ricoveri non effettuati, 500mila gli interventi chirurgici rimandati e ben 4 milioni gli screening oncologici posticipati.* Una situazione di ritardo endemico ormai non più accettabile.

“Le segnalazioni che arrivano alla nostra associazione – spiega Massimo Chiaromonte, Presidente dell’Associazione Nazionale Porpora Trombotica (ANPTT) – testimoniano che i pazienti stanno riscontrando difficoltà di accesso alle visite di follow-up, a macchia di leopardo, su tutto il territorio nazionale. Parliamo di ritardi delle visite programmate, ma anche dell’impossibilità di accedere a prestazioni in convenzione, di liste d’attesa infinite, di disagi di varia natura che si susseguono dalla Lombardia alla Sicilia”.

“Stiamo riscontrando fortissime difficoltà da parte delle circa 1.000 famiglie con disabilità gravissima che rappresentiamo – afferma Fortunato Nicoletti, Vicepresidente dell’Associazione Nessuno è Escluso, attiva prevalentemente (ma non solo) sul territorio lombardo – per i nostri bambini anche un controllo sta diventando impossibile. La disabilità gravissima necessita di risorse straordinarie anche per la gestione dei controlli di routine. Considerate che per fare una tac a una persona con disabilità gravissima è necessario il ricovero in terapia sub-intensiva per almeno una notte, ma i reparti sono stati riconvertiti per la gestione dei pazienti Covid. Di conseguenza i controlli per i nostri bambini e ragazzi sono rimandati a data da destinarsi. Ma le nostre indifferibilità sono diverse da quelle generali, i nostri ragazzi non hanno tempo, non possiamo aspettare”.

“Anche dalla Sardegna arrivano notizie pessime – riporta Giorgia Tartaglia, Vicepresidente VIPS Onlus e Direttivo Coordinamento Lazio Malattie Rare – parliamo di liste d’attesa lunghissime anche per pazienti oncologici, di attese di quattro o cinque mesi per una visita specialistica dopo la diagnosi. Quando sappiamo bene che nella lotta al cancro il tempismo è tutto. Parliamo però anche della carenza ormai endemica di specialisti, ma anche di medici di medicina generale e pediatri di base, ci sono intere comunità prive di continuità assistenziale. Si tratta di una tragica generale carenza di presa in carico che sta aggravando le condizioni di salute dei pazienti sardi. Le segnalazioni che abbiamo ricevuto sono davvero numerose, tra i molti disservizi abbiamo appreso che lo sportello malattie rare di Sassari di fatto non riesce a garantire attività continuativa. Anche in questo caso non per mancanza di buona volontà ma perché i pochi medici che ci sono devono compensare la carenza generale”.

Una denuncia importante arriva anche dai malati reumatologici piemontesi, relativa proprio alle recenti disposizioni della Regione in tema di emergenza Covid-19 relative alla riprogrammazione delle attività ospedaliere e di specialistica ambulatoriale. 

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di Rossella Gemma

Un Tavolo governativo multidisciplinare che studi il metodo di lavoro più idoneo per fronteggiare la denatalità nel nostro Paese. E’ quello richiesto da tempo dai ginecologi e dai neonatologi di SIGO e SIN che, in una nota congiunta, riaffermano un nuovo terribile record negativo di calo delle nascite nel nostro Paese.

Ginecologi e Neonatologi, grazie al contatto quotidiano con giovani donne, mamme e neogenitori, raccolgono le loro preoccupazioni, le ansie, le paure e soprattutto le aspettative. Un osservatorio privilegiato sulle ragioni di quella che Papa Francesco ha definito una “tragedia” nell’Angelus di domenica 26 dicembre, che mette a rischio tutta la società italiana.

“Per favorire un’inversione di tendenza è giusto pensare all’attuazione di misure che aiutino a conciliare sempre più le esigenze della famiglia e del lavoro, riconoscendo un dato di fatto: ogni neonato è un valore unico e prezioso per la società e va tutelato. Per questo la SIN esprime grande apprezzamento per l’attenzione del Governo al tema della Natalità e si propone di proseguire il proficuo rapporto di collaborazione su un tema che nei prossimi anni sarà sempre più centrale” sottolinea Luigi Orfeo Presidente SIN.

"Oltre le misure di supporto sociale alle madri bisogna realizzare un percorso omogeneo su tutto il territorio nazionale che garantisca la sicurezza del percorso nascita, dalla fase preconcezionale al momento del parto ed alla gestione del neonato a termine e pretermine" aggiunge Antonio Chiantera, attuale presidente SIGO.

“Particolare attenzione si deve porre nel rendere nuovamente centrale l'idea di maternità nel percorso di una donna ad un'età in cui non sia ridotto il suo potenziale riproduttivo, dando maggiore vigore ai centri specializzati in medicina della riproduzione" conclude Nicola Colacurci, futuro nuovo Presidente SIGO.

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di Rossella Gemma

La Commissione Tecnico Scientifica (CTS) di AIFA, nella seduta straordinaria del 5 gennaio, su richiesta del Ministero della Salute, ha espresso il proprio parere favorevole sulla possibilità di prevedere una dose booster di vaccino anche per i soggetti di età compresa tra i 12 e i 15 anni. In analogia con quanto già stabilito per la fascia di età 16-17 anni e per i soggetti fragili di 12-15 anni, questo booster dovrà essere effettuato con il vaccino Comirnaty.

Per quanto riguarda l’intervallo tra il ciclo vaccinale primario e la somministrazione della dose booster, in assenza di dati specifici per questa fascia di età, la CTS ritiene ragionevole mantenere gli stessi criteri adottati negli adulti. Come in ogni altro caso, i dati di efficacia e sicurezza relativi a quest’ulteriore ampliamento saranno oggetto di costante monitoraggio.