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di Rossella Gemma
L’IRCCS di Negrar “fa scuola” in Italia e nel mondo: dopo solo un anno dalla certificazione di centro qualificato, raggiunge un ulteriore e prestigioso traguardo nell’applicazione del protocollo chirurgico ERAS (Enhanced Recovery After Surgery), un percorso di cure che ha come obiettivo la migliore e più rapida ripresa del paziente dopo l’intervento. Il Dipartimento di Chirurgia Generale ha infatti ricevuto la certificazione internazionale di centro formatore ERAS (ERAS® Training Center) per la chirurgia colo-rettale e bariatrica, che consente alle componenti delle due equipe chirurgiche di formare altri centri europei ed italiani in merito all’applicazione e implementazione del protocollo ERAS che, grazie all’adozione di percorsi-pazienti virtuosi e specifiche tecniche chirurgiche ed anestesiologiche nelle varie fasi peri-operatorie permette di abbattere le complicanze e quindi la durata del ricovero.
“Grazie ad Eras, all’IRCCS di Negrar, infatti, la degenza media è passata da 8,5 giorni a 4,6 per quanto riguarda la chirurgia colo-rettale, mentre per quella bariatrica la media attuale è di 2 giorni contro i 4 prima dell’applicazione del protocollo - afferma il dottor Giacomo Ruffo, direttore della Chirurgia Generale -. In calo significativo anche le complicanze post-intervento che sono passate dal 33 al 19,5%. Rilevanti anche i dati relativi al dolore e alla nausea dopo l’operazione, il cui controllo è fondamentale per la ripresa della mobilizzazione e dell’alimentazione precoci: si è passati rispettivamente dal 12% al 2% e dal 4% all’1,5%”.
“La certificazione di centro formatore è il risultato di un lavoro complesso di più specialisti, non solo chirurghi, che ha portato ad un’adesione al protocollo superiore al 95%, grazie alla quale sono stati ottenuti significativi miglioramenti a vantaggio di tutti i pazienti, ma in particolare per quelli fragili e per coloro che subiscono interventi ad alta complessità – continua Ruffo -. Il prossimo obiettivo è il riconoscimento di centro di eccellenza, di cui si avvalgono una trentina di ospedali in tutto il mondo, raggiungibile con il mantenimento dei risultati ottenuti e implementando ulteriormente il protocollo Eras con percorsi virtuosi, come l’attivazione di un centro antifumo e un percorso peri-operatorio per il paziente anziano”.
Il protocollo Eras è stato adottato ufficialmente dalla chirurgia colo-rettale nel settembre 2021, quando sono stati inseriti i primi pazienti aderenti al percorso sulla piattaforma mondiale della società scientifica. Oggi i pazienti sono 713, ai quali si aggiungono i 228 della chirurgia bariatrica, che ha iniziato il percorso nel 2021.
“Secondo Eras il miglior recupero dopo l’intervento è raggiungibile solo se in ognuna delle tre fasi del protocollo vengono rispettate specifiche linee guida. Di fondamentale imporanza è la fase pre-operatoria che si basa sulla preparazione ottimale del paziente attraverso un piano nutrizionale e un percoso di preabilitazione appositamente creati dal nutrizionista e dal fisiatra – spiega la dottoressa Elisa Bertocchi, chirurgo colo-rettale -. Diagnosticate eventuali carenze, viene integrata l’alimentazione con specifici integratori e in caso di anemia, cercata e corretta la causa della stessa”.
La fase operatoria non si limita alla chirurgia mini-invasiva, ma a una serie di procedure anestesiologiche, come la somministrazione di pochi liquidi e l’uso limitato di farmaci oppioidi. “Dalla sala operatoria il paziente esce privo di cateteri e drenaggi, e già nelle ore successive inizia a bere, ad alimentarsi e a muoversi anche grazie a terapie per il controllo del dolore e della nausea – prosegue -. Tutto questo richiede collaborazione da parte dell’équipe multispecialistica e l’adesione attiva e consapevole da parte del paziente a tutto il percorso. Adesione supportata da una un’APP (IColon) che stimola continuamente il paziente ad essere aderente al protocollo e che rappresenta una sorta di diario digitale che consente al medico di monitorare a distanza il paziente dopo le dimissioni e al paziente di rimanere sempre in contatto con il medico”.
“Nella chirurgia bariatrica, ERAS facilita la gestione del paziente, molto spesso giovane e con l’esigenza di tornare al più presto alle attività quotidiane – afferma la dottoressa Irene Gentile, chirurgo bariatrico -. Inoltre, il coinvolgimento attivo è ancora più importante per il paziente affetto da obesità grave per quanto riguarda l’aspetto dell’alimentazione e dell’attività fisica: il calo ponderale è fondamentale sia per la candidabilità all’intervento sia per la buona riuscita dello stesso”.
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di Rossella Gemma
Il Virus Respiratorio Sinciziale - RSV è in aumento. In Europa, infatti, provoca più del 60% delle infezioni respiratorie acute in bambini inferiori ai 5 anni di età e negli adulti over 60 vengono stimati circa 3 milioni di casi di sindromi respiratorie acute, con più di 465mila ospedalizzazioni e più di 33mila decessi in ambito ospedaliero RSV-correlati.
La Società Italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) hanno redatto un Documento congiunto per stimolare alcune azioni urgenti per la prevenzione delle malattie RSV-associate, come l’uso preventivo del nuovo anticorpo monoclonale a lunga emivita (Nirsevimab) e l’impiego dei nuovi vaccini contro l’RSV oggi disponibili. Si auspica, inoltre, che la vaccinazione contro l’RSV venga inserita nel calendario vaccinale e sia raccomandata negli adulti con più di 60 anni con co-morbosità e negli anziani over 75.
Per far fronte al quadro epidemiologico del RSV ed alla luce delle nuove opzioni di prevenzione a disposizione, il Documento “Prevenzione delle infezioni da Virus Respiratorio Sinciziale nella popolazione italiana” redatto dagli specialisti di SItI e SIMIT si propone come punto di partenza per quattro obiettivi: potenziare il sistema di sorveglianza per le infezioni virali respiratorie in accordo con le indicazioni dell’OMS e dell’ECDC; considerare la disponibilità del nuovo anticorpo monoclonale come un’importante arma di prevenzione universale delle malattie da Virus Respiratorio Sinciziale, che andrebbe inquadrata in termini regolatori e organizzativi alla stregua di un programma vaccinale che interessi come presidio preventivo l’intera coorte di nuovi nati; considerare che i nuovi vaccini contro l’RSV oggi disponibili rappresentano un’opzione preventiva innovativa nei confronti di un bisogno medico ad oggi insoddisfatto; prevedere di inserire la vaccinazione contro l’RSV nel calendario vaccinale, raccomandando la vaccinazione negli adulti >60 anni di età con co-morbosità e negli anziani >75 anni di età.
“Il Virus Respiratorio Sinciziale umano è uno dei virus più comuni che infettano i bambini in tutto il mondo ed è sempre più riconosciuto come un importante patogeno negli adulti, in particolare negli anziani – afferma il Prof. Giovanni Gabutti, Coordinatore del Gruppo di Lavoro ‘Vaccini e Politiche vaccinali’ della Società Italiana d’Igiene (SItI) - Le infezioni da RSV rappresentano un rilevante problema di Sanità pubblica che coinvolge tutte le fasce di età e per il quale purtroppo non esiste un trattamento efficace. La gestione e la prevenzione delle patologie RSV-correlate sono ad oggi un bisogno medico insoddisfatto che può trovare una risposta grazie alle nuove scoperte scientifiche ed alla disponibilità di nuove opzioni di intervento in termini di immunoprofilassi passiva ed attiva”.
“Il Virus Sinciziale lo abbiamo conosciuto meglio negli ultimi anni con il nuovo sistema di monitoraggio delle polmoniti – sottolinea il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT – È un virus che frequentemente colpisce bambini o persone in età più avanzata con forme di polmonite molto gravi, con un rischio di letalità certamente non trascurabile. La disponibilità dei nuovi strumenti preventivi, i cui risultati di sicurezza ed efficacia sono confermati, deve rappresentare un punto di riferimento imprescindibile per il SSN. Permetteranno infatti di salvaguardare la salute di soggetti i cui sistemi immunitari non sono completamente sviluppati, come i bambini, o che attraversano una fase di immunosenescenza, come negli over 60”.
Il Virus Respiratorio Sincinziale (RSV) è uno dei virus più comuni che infettano i bambini ed è riconosciuto come un importante patogeno anche negli adulti. Più del 60% delle infezioni respiratorie acute in bambini inferiori ai 5 anni di età (e più dell’80% nei bambini con meno di 1 anno) sono dovute a RSV. In Europa, negli adulti over 60, vengono stimati circa 3 milioni di casi di sindromi respiratorie acute, più di 465mila ospedalizzazioni e più di 33mila decessi in ambito ospedaliero RSV-correlati. In Italia, nel periodo 2001–2014 sono stati registrati 57.656 ricoveri ospedalieri per patologie da RSV. Si stima che nella stagione 2022-2023, circa il 50% delle sindromi simil-influenzali nei bambini con meno due anni sia stato causato da RSV. Inoltre, il tasso di ospedalizzazione in età pediatrica RSV-correlato è incrementato nelle ultime stagioni rispetto a quanto registrato negli anni precedenti. L’impatto negli adulti, certamente sottostimato, nel 2019 conta circa 290mila casi di infezioni respiratorie acute da RSV, 26mila ospedalizzazioni e 2mila decessi in ambito ospedaliero.
Non sono disponibili terapie antivirali per l’RSV. Si può ridurre il rischio di contagio con approcci non farmacologici come il lavaggio delle mani, non toccarsi il volto, pulire le superfici, la distanza da persone con starnutazione o tosse, la non esposizione al fumo di tabacco. Tuttavia, l’aspetto innovativo risiede nei nuovi approcci preventivi farmacologici: l’immunoprofilassi passiva con anticorpi monoclonali e la profilassi attiva mediante immunizzazione. La prima consiste nell’anticorpo monoclonale Nirsevimab, che ha un’efficacia del 74,5% per le infezioni delle basse vie respiratorie da RSV e del 62,1% per le ospedalizzazioni per le infezioni delle basse vie respiratorie RSV-correlate. Recentemente poi sono stati approvati e sono disponibili due vaccini per RSV: il vaccino ricombinante, bivalente non adiuvato ed il vaccino ricombinante monovalente adiuvato, entrambi con elevati profili di efficacia. Il vaccino ricombinante, bivalente non adiuvato è indicato per la protezione passiva nei neonati dalla nascita fino ai 6 mesi di età a seguito dell’immunizzazione della madre durante la gravidanza e per l’immunizzazione attiva dei soggetti di età pari o superiore a 60 anni; il vaccino ricombinante monovalente adiuvato è indicato per l’immunizzazione attiva negli adulti di età pari o superiore a 60 anni. Anche un terzo vaccino a mRNA è in fase avanzata di sviluppo.
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di Rossella Gemma
Anche quest’anno, si svolge la GRF - Giornata di Raccolta del Farmaco. Durerà una settimana, da martedì 6 a lunedì 12 febbraio. In oltre 5.600 farmacie che partecipano in tutte le città italiane (espongono la locandina dell’iniziativa - L’elenco è consultabile su www.bancofarmaceutico.org), è chiesto ai cittadini di donare uno o più medicinali da banco per i bisognosi.
I farmaci raccolti (598.178 confezioni nel 2023, pari a un valore di 5.010.685 €) saranno consegnati a 1.900 realtà benefiche che si prendono cura di almeno 427.000 persone in condizione di povertà sanitaria, offrendo gratuitamente cure e medicine. Il fabbisogno segnalato a Banco Farmaceutico da tali realtà supera il milione di confezioni di medicinali. Si invitano i cittadini ad andare apposta in farmacia per donare un farmaco. Servono, soprattutto, antinfluenzali e medicinali pediatrici, antifebbrili, analgesici, preparati per la tosse e per i disturbi gastrointestinali, farmaci per i dolori articolari e muscolari, antistaminici, disinfettanti, vitamine e sali minerali. La GRF si svolge sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, con il patrocinio di AIFA e in collaborazione con Cdo Opere Sociali, Federfarma, Fofi, Federchimica Assosalute, Egualia – Industrie Farmaci Accessibili. Intesa Sanpaolo è Partner Istituzionale dell’iniziativa. La GRF è realizzata grazie all’importante contributo incondizionato di IBSA Italy, Teva Italia, EG Stada Group e DHL Supply Chain Italia e al sostegno di DOC Generici, Accord Healthcare, Piam Farmaceutici, Zentiva Italia e Zuccari.
La Raccolta è supportata da RAI per la Sostenibilità – ESG, Mediafriends, La7, Sky per il sociale, e Pubblicità Progresso. L’iniziativa è possibile grazie al sostegno di oltre 19.000 farmacisti (titolari e non) che oltre a ospitare la GRF la sostengono con erogazioni liberali. Anche quest’anno, ci saranno oltre 25.000 volontari. «Donare un farmaco è un gesto semplice e può essere determinante per la salute di chi non può permetterselo. Contribuisce in maniera importante al bene di chi lo riceve. Ma anche di chi lo dona. Perché, in fondo, compiere il bene è una parte inscindibile della legge scritta nel cuore di ogni persona, è una componente della stessa struttura umana: “siamo venuti al mondo perché qualcuno ci ha accolti, siamo fatti per l’amore, siamo chiamati alla comunione e alla fraternità”, ha detto Papa Francesco in previsione della Giornata Mondiale del Malato, che cade proprio durante la settimana di Raccolta. La gratuità, insomma, è una dimensione essenziale della nostra anima. Basterebbe questo non solo per donare un farmaco a chi ne ha bisogno, ma anche per comprendere come sarebbe così semplice costruire un mondo di pace», ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Ets.
«La responsabilità sociale è nel DNA della farmacia: per tale motivo anche quest’anno partecipiamo attivamente alla Giornata di Raccolta del Farmaco. Un’iniziativa importante per dare un aiuto concreto a chi ne ha bisogno» afferma Marco Cossolo, presidente di Federfarma nazionale. «I farmacisti in farmacia, in quanto parte integrante del tessuto sociale, sono sensibili alle disuguaglianze sanitarie, purtroppo presenti in molte parti del nostro Paese. Negli ultimi anni si è verificato un aumento del disagio economico e della povertà sanitaria: i farmacisti ne hanno piena coscienza come professionisti della salute, perciò si impegnano costantemente nei confronti della comunità e dei più fragili».
«Anche quest’anno la FOFI è al fianco di Banco Farmaceutico in questa importante iniziativa di solidarietà che si avvale del contributo fattivo dei farmacisti per fornire un aiuto concreto alle persone più indigenti – ha dichiarato Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI) –. Ringrazio tutti i colleghi che hanno aderito numerosi, a conferma della grande sensibilità e attenzione nei confronti delle comunità in cui operano e dell’impegno costante di tutta la categoria per garantire la tutela alla salute quale diritto fondante della nostra società. La Giornata di Raccolta del Farmaco, resa possibile grazie al contributo di migliaia di volontari e alla grande generosità degli italiani, ci ricorda il valore sociale del dono, oggi più che mai, per tendere una mano a chi ha più bisogno».
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di Rossella Gemma
Il 26 gennaio 2024 l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha pubblicato un report per valutare la copertura vaccinale anti-COVID degli over 60 nei paesi europei. Il periodo considerato è compreso tra il 1° settembre 2023 e il 15 gennaio 2024. 6 Paesi su 30 non hanno fornito i dati all’ECDC: Austria, Croazia, Germania, Italia, Lettonia e Svezia.
«Considerato che, inspiegabilmente, il nostro Paese non ha trasmesso i dati richiesti – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – abbiamo realizzato un’analisi indipendente utilizzando i dati nazionali ufficiali sulle coperture per valutare il posizionamento dell’Italia rispetto ai paesi europei inclusi nel report dell’ECDC, oltre che per effettuare un confronto tra le Regioni italiane».
I dati relativi all’Italia sono stati estratti dalla dashboard del Ministero della Salute che riporta le somministrazioni relative alla campagna vaccinale 2023-2024 effettuate a partire dal 26 settembre 2023, dopo l’introduzione dei nuovi vaccini adattati a Omicron XBB.1.5. L’ultimo aggiornamento della platea di riferimento è del 17 febbraio 2023.
COPERTURE VACCINALI: CONFRONTO TRA ITALIA E PAESI EUROPEI
60-69 anni. Nella fascia 69-69 anni, con una copertura nazionale del 5,7%, l’Italia si colloca al 14° posto. 13 paesi hanno raggiunto coperture superiori a quelle dell’Italia: dal 6,6% della Repubblica Ceca al 43,5% della Danimarca. 11 paesi hanno raggiunto invece coperture inferiori alle nostre: dal 5,4% di Cipro allo 0% della Romania (figura 1).
70-79 anni. Nella fascia 70-79 anni, con una copertura nazionale dell’11%, l’Italia è 15a. 14 paesi hanno raggiunto coperture superiori a quelle dell’Italia: dal 13% del Lussemburgo all’80,4% della Danimarca. 10 paesi hanno raggiunto invece coperture inferiori alle nostre: dal 6,9% del Liechtenstein allo 0% della Romania (figura 2).
Over-80. Negli over 80, con una copertura nazionale del 14,4%, l’Italia si posiziona 14a. 13 paesi hanno raggiunto coperture superiori a quelle dell’Italia: dal 15,8% della Repubblica Ceca all’88,2% della Danimarca. 11 paesi hanno raggiunto invece coperture inferiori alle nostre: dal 13,5% dell’Estonia allo 0,01% della Romania (figura 3).
«Le coperture raggiunte in Italia per tutte le fasce di età over 60 anni – commenta Cartabellotta – documentano un sostanziale fallimento della campagna nazionale di vaccinazione anti-COVID-19. I tassi di copertura del 5,7% per la fascia 60-69 anni, dell’11% per la fascia 70-79 anni e del 14,4% per gli over 80 ci collocano solo davanti ai paesi dell’Europa dell’Est (eccetto la Repubblica Ceca che ci precede in tutte le fasce d’età e l’Estonia per i 60-69 e i 70-79 anni), a Grecia, Malta, Liechtenstein e, solo per gli over 80, Cipro. Siamo molto lontani dai risultati raggiunti nei paesi dell’Europa settentrionale, ma anche da Spagna, Portogallo e Francia: paesi dove le coperture per le tre fasce di età documentano campagne vaccinali efficaci per tutti gli over 60, con percentuali di copertura crescenti con la fascia di età».
COPERTURE VACCINALI: CONFRONTO TRA LE REGIONI ITALIANE
60-69 anni. A fronte di una copertura nazionale del 5,7%, 10 Regioni si collocano sopra la media nazionale: dal 5,9% del Piemonte all’11% della Toscana. 11 Regioni si trovano sotto la media: dal 5,6% dell’Umbria allo 0,9% della Sicilia (figura 4).
70-79 anni. A fronte di una copertura nazionale dell’11%, 9 Regioni si collocano sopra la media nazionale: dall’11,5 dell’Umbria al 21,4% della Toscana. 12 Regioni si trovano sotto la media: dal 10,6% del Veneto all’1,8% della Sicilia (figura 5).
Over 80. A fronte di una copertura nazionale del 14,4%, 9 Regioni si collocano sopra la media nazionale: dal 14,6% dell’Umbria al 26,3% della Toscana. 12 Regioni si trovano sotto la media: dal 14% di Veneto e Lazio, all’1,9% della Sicilia (figura 6).
«Le coperture vaccinali per le tre fasce di età nelle Regioni italiane – commenta Cartabellotta – ripropongono la “frattura strutturale” Nord-Sud che caratterizza il nostro Servizio Sanitario Nazionale: le Regioni meridionali non solo si trovano al di sotto della media nazionale, ma sono tutte a fondo classifica con coperture vaccinali simili a quelle dei paesi dell’Europa orientale. Anche i risultati della Toscana, che raggiunge le percentuali più elevate di copertura vaccinale nelle tre fasce di età (rispettivamente 11%, 21,4% e 26,3%), rimangono molto lontani da quelli dei paesi del Nord Europa. Considerata l’efficacia dei vaccini nel prevenire la malattia grave e la mortalità negli anziani e nei fragili, è legittimo ipotizzare che una parte degli oltre 4.000 decessi riportati nel periodo considerato poteva essere evitato, in particolare tra gli over 80».
«L’analisi dei dati relativi alle coperture vaccinali in Italia per gli over 60 e i confronti con il resto dell’Europa – conclude Cartabellotta – documentano un clamoroso flop della campagna vaccinale anti-COVID nella stagione autunno-inverno 2023-2024, nonostante le raccomandazioni della Circolare del Ministero della Salute del 27 settembre 2023 che ha fatto seguito a quella preliminare del 14 agosto 2023. Purtroppo, al fenomeno della “stanchezza vaccinale” e alla continua disinformazione sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, si sono aggiunti vari problemi logistico-organizzativi: ritardo nella consegna e distribuzione capillare dei vaccini, insufficiente e tardivo coinvolgimento di farmacie e medici di famiglia, mancata chiamata attiva dei pazienti a rischio, criticità tecniche nei portali web di prenotazione. E se da un lato è evidente che molti di questi problemi dipendono dalle Regioni, come documentato dal gap Nord-Sud, il confronto con i paesi europei inclusi nel report dell’ECDC dimostra che anche le Regioni italiane con i tassi di copertura più elevati sono molto indietro rispetto ai paesi europei dove la campagna vaccinale ha funzionato. Segnale evidente che della campagna vaccinale anti-COVID le Istituzioni centrali hanno parlato poco e “a bassa voce”, peraltro disturbata dal rumore di fondo di quei politici che hanno alimentato la sfiducia nei vaccini per non perdere il consenso della frangia no-vax».
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di Rossella Gemma
“I tanti tipi di stress a cui sono sottoposti gli astronauti, le variazioni a cui vanno incontro tutti gli apparati e la impossibilità di monitorare e intervenire in tempo reale in situazioni di emergenza, fanno sì che il soggiorno nello Spazio rappresenti un modello di studio per pazienti fragili, impossibilitati a muoversi e che devono mettere in atto procedure mediche in maniera autonoma”. La conferma arriva da Gianluca Trifirò, Professore Ordinario di Farmacologia all’Università di Verona e Lucia Morbidelli, Professoressa Ordinario di Farmacologia all’Università degli Studi di Siena, entrambi soci della Società Italiana di Farmacologia - SIF - che sottolineano come “la sfida spaziale porterà a notevoli migliorie nella gestione della salute pubblica, come ha già fatto in passato con tante tecnologie innovative che ci aiutano nella vita di tutti i giorni”.
La Ricerca Spaziale Biomedica ci ha permesso di realizzare o migliorare molte tecnologie, dalle lenti antigraffio e fotocromatiche, ai termometri a infrarosso, alla analisi delle microcalcificazioni nelle mammografie, fin alle tecniche avanzate di imaging funzionale, ai microsensori ed ai dispositivi medici ad autolettura. Ma può servire anche per lo studio dei farmaci da usare sulla Terra? “Riguardo ai farmaci – spiegano Trifirò e Morbidelli - oltre all’aggiustamento del dosaggio e alla scelta dei principi attivi più adatti, una sfida riguarda le tecnologie della ricerca di nuovi medicinali in assenza di gravità e lo sviluppo di formulazioni per un uso efficace e sicuro”.
E nello Spazio, invece, che farmaci si possono e si devono assumere? “Nello spazio i farmaci servono sia per il trattamento di sintomi che si possono verificare comunemente - aggiungono dalla SIF - che per eventuali situazioni di emergenza come traumi ed emorragie. Nei kit medici forniti agli astronauti, in particolare, vengono inclusi farmaci per trattare disturbi del sonno, allergie, cinetosi spaziale, nausea, dolore e congestione sinusale. Il volo spaziale comporta alterazioni nella fisiologia umana con conseguenti modifiche farmacocinetiche, come assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione del farmaco, e farmacodinamiche, cioè l’effetto farmacologico in risposta all’interazione del farmaco con il suo specifico bersaglio molecolare. Tutto ciò può inevitabilmente avere un impatto sull’efficacia e sulla sicurezza dei farmaci”.
Negli ultimi anni le agenzie spaziali stanno lavorando molto per ampliare gli attuali confini del volo spaziale umano con missioni anche su Marte. “La ricerca nell’ambito dell'astrofarmacia contribuisce a rendere l'esplorazione umana nello spazio sicura e accessibile. Abbiamo approfondito questo tema nell’ultimo numero di Sif Magazine (https://www.sifweb.org/sif-magazine/articolo/viaggi-nello-spazio-e-farmaci-quanto-contano-e-cosa-cambia-per-il-loro-uso-intervista-al-prof-gianluca-trifiro-e-alla-dott-ssa-federica-soardo-2024-01-25) pubblicato sul sito della Società Italiana di Farmacologia e realizzato in collaborazione con l’Unione Astrofili Napoletani”, concludono i professori Gianluca Trifirò e Lucia Morbidelli.
L’astrofarmacia si occupa dello sviluppo di farmaci e trattamenti medici utilizzabili in condizioni di microgravità e valuta la sicurezza di questi nello spazio. In Italia, pochi atenei propongono lo studio di questa materia. Tra questi vi sono l’Università degli Studi di Padova con un corso di perfezionamento “MAS - Medicina Aeronautica e Spaziale” e l’Università degli Studi di Napoli Federico II con un Master di II livello in medicina aerospaziale.
Inoltre, proprio all’Università di Verona, già a partire dagli anni ’90, il Professore di farmacologia Giampaolo Velo si era interessato alla space pharmacology come nuova frontiera della farmacologia.
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di Rossella Gemma
Al via in Italia i primi impianti dell'innovativo neurostimolatore Inceptiv™ Closed-Loop, a beneficio di pazienti con dolore cronico benigno, effettuati presso l'Azienda Ospedaliera Sant'Anna e San Sebastiano di Caserta dal Dottor Pasquale De Negri, Direttore UOC di Anestesia e Rianimazione e presso l’Azienda Ospedaliera dei Colli - Monaldi di Napoli dal dottor Alfonso Papa, Direttore UOC Terapia del Dolore.
Il nuovo dispositivo, sviluppato da Medtronic, azienda leader di HealthCare Technology, è un'evoluzione della tecnologia dei neurostimolatori per il dolore cronico. Si tratta di un vero e proprio pacemaker del dolore che viene impiantato nel corso di un intervento in anestesia locale, con una lieve sedazione e sotto controllo radiologico, per posizionare correttamente gli elettrocateteri nello spazio epidurale. La novità della tecnologia è l’algoritmo a "circuito chiuso" che rileva, 50 volte al secondo, come il corpo risponde alla stimolazione elettrica misurando l'attivazione dei neuroni all'interno del midollo spinale. I pazienti possono così beneficiare, in tempo reale, della terapia personalizzata, automatica e modulata sui loro movimenti e attività, interrompendo i segnali di dolore tra il midollo spinale e il cervello.
“Con Inceptiv™ tutta l’esperienza terapeutica del paziente cambia grazie alla stimolazione Closed-Loop – conferma il dottor Alfonso Papa, Direttore UOC Terapia del Dolore dell’Azienda Ospedaliera dei Colli-Monaldi – La tecnologia riduce il dolore, permettendo di svolgere attività quotidiane in modo più confortevole e migliorando aspetti cruciali della vita, come il sonno, la mobilità e la partecipazione alle attività sociali”.
Oltre al nuovo algoritmo Closed-Loop, il nuovo dispositivo presenta diversi vantaggi, come la durata di 15 anni della batteria ricaricabile, minor invasività con le sue ridotte dimensioni di soli 6 mm e la sua compatibilità senza limitazioni con gli esami di risonanza magnetica sia a 1,5 Tesla sia a 3 Tesla in tutti i distretti del corpo.
“La neuromodulazione midollare è un’arma efficace a disposizione del Neurochirurgo che si occupa di patologia degenerativa della colonna vertebrale – sottolinea il dott. Nicola Montano, Responsabile UOS Neurochirurgia funzionale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma –. Nella mia pratica chirurgica utilizzo costantemente approcci e tecniche mini-invasive di decompressione e stabilizzazione della colonna vertebrale. La neuromodulazione midollare è una tecnica mini-invasiva che permette di trattare il dolore cronico associato a tali patologie anche in casi molto complessi. La tecnologia 'closed-loop' può rappresentare un notevole avanzamento in quest'ambito in quanto può permettere di "personalizzare" la terapia riducendo le sensazioni di sovra- o sottostimolazione aumentando quindi i potenziali beneficiari di questa terapia”.
Il dolore cronico rappresenta una vera e propria patologia quando ha una durata di oltre i 3/6 mesi. In Italia, soffre 1 persona su 4 e il nostro Paese si colloca al terzo posto in Europa, preceduto solo da Norvegia e Polonia. Per la maggior parte si tratta di donne, con un’età non superiore ai 50 anni. In Italia oltre la metà dei pazienti accede alle strutture specialistiche in modo casuale dopo molti anni di sofferenze ed esasperazione, causando un enorme costo socioeconomico pari al 2,3% del PIL, soprattutto se si considerano le sue pesanti ripercussioni sulla qualità della vita del paziente, come grave disabilità, limitazione delle capacità funzionali, lavorative e delle attività sociali.
“Medtronic ha aperto la strada alla stimolazione del midollo spinale per la gestione del dolore più di 50 anni fa – afferma Domenico De Paolis, Vice President International Neuromodulation di Medtronic, in occasione della presentazione della tecnologia ad oltre 60 medici italiani – e, da allora, abbiamo continuato a fornire innovazioni che aumentano le opzioni per i medici e personalizzano la cura per i pazienti, migliorando il sollievo dal dolore. La tecnologia di Inceptiv™ Closed-Loop introduce la capacità di ascoltare i segnali biologici unici di ciascuna persona, permettendoci raggiungere ancora una volta il traguardo che ci prefissiamo: Engineering the extraordinary”.
La neurostimolazione midollare consiste nella stimolazione elettrica selettiva del midollo spinale tramite elettrocateteri impiantati nello spazio epidurale e connessi a un generatore di impulsi, un vero e proprio pacemaker del dolore.
Oggi, la neurostimolazione midollare viene raccomandata ai pazienti con dolore cronico neuropatico da danno dei nervi periferici, da neuropatia diabetica, da insuccesso della chirurgia vertebrale, da nevralgia post erpetica, da lesioni parziali del midollo spinale, da sindrome dolorosa dell’artofantasma, da lesioni del plesso brachiale, da dolore ischemico degli arti e da angina pectoris grave e da dolore delle sindromi regionali complesse.
La validità di questa procedura nel trattamento del dolore cronico è stata riconosciuta a livello internazionale e ha generato raccomandazioni nelle linee Guida della Federazione Europea delle Società Neurologiche (EFNS) e della National Institute for Clinical Excellence (NICE). Ciononostante, si assiste, nel nostro Pease, a un sotto trattamento dei pazienti che potrebbero beneficiare della terapia di neurostimolazione, con un miglioramento della qualità di vita e una riduzione del ricorso ai farmaci antidolorifici e terapie complementari. In Italia, ogni anno, 1200 pazienti circa si sottopone ad un impianto di neurostimolazione midollare.
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di Rossella Gemma
I vaccini sono salvavita per gli over 65 che hanno più paura di ammalarsi che di vaccinarsi. Con l’imminente arrivo tra Natale e inizio anno del picco di influenza stagionale e il rialzo dei decessi per Covid, tutti a carico degli over 80, è necessario, ora più che mai, mettere in campo tutte le forze e le strategie possibili per aumentare le coperture vaccinali tra gli anziani. È l’appello che arriva dagli esperti della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg) che all’invito a vaccinarsi, aggiungono anche quello di farlo per più vaccini insieme nella stessa seduta.
A dare una spinta in più contro la stanchezza e l’esitazione vaccinale sono i risultati di un recente studio coordinato dall’ospedale San Martino di Genova e pubblicato su Frontiers, che ha misurato l’impatto tra gli over 65 dell’aumento dell’adesione alla vaccinazione antinfluenzale, in termini di mortalità correlata all’influenza. I ricercatori hanno confrontato il numero di decessi degli over 65 con le coperture vaccinali registrate in 103 province e 110 città metropolitane di 14 regioni, durante 17 stagioni consecutive dal 2003 al 2019. Attraverso un sofisticato modello matematico, aggiustato per variabili sia cliniche che sociodemografiche e ambientali, hanno dimostrato che a fronte dell’aumento dell’1% della copertura vaccinale si ha una riduzione dello 0.6% delle morti legate all’influenza. “Si tratta di un risultato particolarmente importante – sottolinea Andrea Ungar, presidente Sigg e ordinario di Geriatria all’Università di Firenze -. Poiché in Italia muoiono ogni anno oltre 9000 persone a causa dell’influenza e della polmonite a essa associata, il dato significa che ogni punto percentuale in più della copertura vaccinale può salvare quasi 60 persone e, raggiungendo dal 56,8% il tasso minimo di copertura vaccinale del 75%, si potrebbero risparmiare 1500 vite ogni anno. Tutto questo indica che la longevità è un traguardo che si raggiunge anche grazie al contributo delle vaccinazioni. Massimizzare le protezioni offerte, innalzando le coperture vaccinali degli over 65 ai livelli auspicabili minimi, se non ottimali, raccomandati dalle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, è dunque un obiettivo prioritario e una scelta di sanità pubblica fondamentale e irrinunciabile”.
L’aumento della copertura vaccinale contro l’influenza è cruciale anche perché in grado di promuovere il booster aggiornato contro le più recenti varianti di Covid-19, da rilanciare fortemente in questa fase facilitandone la somministrazione nel corso della stessa seduta del vaccino antinfluenzale. Infatti, il Covid sta rialzando la testa e, secondo i dati del Ministero della Salute elaborati dalla Fondazione Gimbe, nell’ultimo mese sono raddoppiati i decessi, con 881 casi tutti a carico degli over 80. “Numeri allarmanti – mette in guardia Ungar - che dovrebbero convincere gli ultra 80enni a mantenere alta la copertura con richiami ripetuti. Invece, i grandi anziani si tengono alla larga dalla quarta e quinta dose del vaccino: solo il 7% degli over80 e meno del 6% di chi è tra i 69 e i 79 anni, ha fatto il richiamo. Tutto ciò, nonostante i recenti dati del Centro europeo per la prevenzione delle malattie dovrebbero spingere gli anziani a ‘scoprire il braccio’. Lo studio ha testato, infatti, l’efficacia della quinta dose tra gli over80 in Portogallo e in Belgio, registrando un’efficacia protettiva del vaccino rispetto al pericolo di morte del 72%”.
La vaccinazione è lo strumento salvavita per la popolazione anziana non solo per Covid e influenza, ma anche contro la polmonite da pneumococco e l’herpes zoster, due patologie che presentano elevati livelli di ricoveri e mortalità negli over 65. “La polmonite pneumococcica in Italia fa registrare ogni anno 630mila nuovi casi tra gli anziani e oltre 8mila decessi – afferma Ungar. Il batterio è inoltre responsabile di circa 10.000 ospedalizzazioni l’anno negli over 65 e rappresenta anche un fattore di rischio per la diffusione di antibiotico-resistenza, dal momento che nel 30% dei casi i patogeni che causano questa malattia non rispondono ai trattamenti farmacologici. La vaccinazione pneumococcica può essere simultanea a quella antinfluenzale e va fatta una sola volta nella vita”.
L’orizzonte della profilassi vaccinale per gli anziani è ancora più ampio e comprende anche la vaccinazione contro l’herpes zoster, meglio conosciuto come fuoco di Sant’Antonio, causato dalla riattivazione del virus della varicella che negli anziani provoca ogni anno circa 5000 ricoveri per complicanze ed è responsabile in 1 caso su 5 di una dolorosa nevralgia post‐erpetica invalidante.
“Alla luce di questi dati, risulta quindi fondamentale rafforzare l’invito alla vaccinazione della popolazione anziana, favorendo la co-somministrazione di più vaccini per aumentare la copertura ed evitare un grande numero di ospedalizzazioni e decessi. L’attenzione ai vaccini negli over65 – prosegue Ungar - è anche uno degli obiettivi stabiliti dalle Nazioni unite e dall’Organizzazione mondiale della sanità nel piano della Decade of Healthy Ageing 2021-2030, reso pubblico qualche settimana fa. Il piano invita i governi allo sviluppo di programmi di immunizzazione concentrati sulle persone anziane che possano garantire un accesso equo alla vaccinazione, l'ottimizzazione dei canali e delle strategie di comunicazione sanitaria per combattere l'esitazione vaccinale e promuovere la conoscenza dei vaccini, ma anche la sorveglianza e il monitoraggio della copertura immunologica e della diffusione delle infezioni”.
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di Rossella Gemma
Dopo la carne, è tempo di riconsiderare anche il ruolo dello zucchero nella lotta al cancro. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dello Shanghai Chest Hospital e dell’Università Jiao Tong di Shanghai ha rivelato che il fruttosio – uno zucchero semplice, contenuto naturalmente nella frutta, nel miele e, in forma di additivo, in alcuni alimenti dolci – può essere un alleato prezioso del nostro sistema immunitario nel contrastare il tumore. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Cell Metabolism* e commentati in un editoriale riportato su Nature Immunology*. “Che il fruttosio sia associato alla crescita di alcuni tumori, come quelli intestinali, e delle mestastasi lo sapevamo da tempo – commenta Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e oncologo al Pascale di Napoli –. Quello che fino ad oggi risultava ancora poco chiaro è il suo impatto sulla risposta immunitaria anti-tumorale. Il nuovo studio colma in parte questa lacuna e mostra che una dieta ricca di fruttosio è in grado di rafforzare la risposta immunitaria contro il cancro, controllandone la crescita. Il fruttosio alimentare dunque promuove l’immunità antitumorale delle cellule”.
Nello studio i ricercatori hanno nutrito un gruppo di topolini con melanoma con una dieta ricca di fruttosio e un altro con una dieta normale. Ebbene, dopo già due settimane i topi alimentati con una dieta ad alto contenuto di fruttosio hanno registrato una significativa riduzione della crescita tumorale e della letalità indotta dal tumore, rispetto a quelli del gruppo di controllo. Anche uno studio precedente condotto su topi con carcinoma polmonare ha dimostrato che nutrire gli animali con una dieta ad alto contenuto di fruttosio ha ridotto le dimensioni del tumore e aumentato la sopravvivenza. “Nel nuovo studio i ricercatori cinesi hanno osservato che il fruttosio alimentare aumenta la risposta immunitaria dei linfociti T denominati CD8+, che hanno la funzione di identificare e uccidere le tumorali, controllando così la progressione della malattia – sottolinea Ascierto –. In particolare, il consumo di fruttosio ha innescato la produzione di leptina, l’ormone prodotto dal tessuto adiposo che segnala al cervello la sensazione di sazietà, sia nel sangue che nel tessuto tumorale. L’aumento della leptina è associato all'incremento dell’attività dei linfociti T antitumorali, potenziandone così la risposta immunitaria contro il cancro”.
Inoltre, i ricercatori hanno anche rilevato che i livelli più elevati di leptina nel plasma sono correlati con l’aumentata attività delle cellule T antitumorali nei pazienti con cancro ai polmoni. “Ma attenzione: lo studio non indica che fare incetta di zuccheri aiuti automaticamente a contrastare il tumore – conclude Ascierto –. Piuttosto i risultati suggeriscono che, come per la carne che contiene un ingrediente chiave (TVA) in grado di potenziare l’immunoterapia, anche per lo zucchero, in particolare per il fruttosio, potrebbe non essere tutto bianco o nero. Sono dunque necessari ulteriori studi che ci aiutino a comprendere se e come possiamo sfruttare il fruttosio per rafforzare l’azione del nostro sistema immunitario contro il cancro”.