del dott. Alberto Volponi
1978: un anno che non si dimentica. Il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e la sua scorta, tragico evento che ha cambiato il corso della storia dell'Italia; l'elezione di Pertini a Presidente della Repubblica, il più amato dei Presidenti; il governo della solidarietà nazionale che vedeva, per la prima volta dall'inizio della guerra fredda, il Partito Comunista entrare nell'area del governo, operazione voluta da Moro per rinsaldare le traballanti istituzioni e dare l'avvio a una nuova fase di vita democratica del Paese (la terza fase!), e che gli è costata la vita. Un anno, il '78, denso di avvenimenti che si chiudeva, siamo alla vigilia di Natale, con l'approvazione, quasi in sordina, della Riforma Sanitaria, la Legge 833, Ministro Tina Anselmi, democristiana, morotea. Con la riforma finiva il tempo delle mutue che avevano avuto un ruolo significativo nell'assistenza sanitaria degli italiani ma scontavano la loro natura tecnico-assicurativa: intervento solo in caso di malattia, quindi nessuna prevenzione, e se sei, appunto, solo un assicurato, ovvero versi, come lavoratore, dipendente o autonomo, i relativi contributi. Una miriade di "casse" fornivano prestazioni diverse ed escludevano le fasce più deboli, i senza reddito, i senza lavoro; "casse" in grave crisi finanziaria, ovvero vuote! Tale discriminante e alla fine costoso ma poco efficiente sistema veniva sostituito, con la 833, da un sistema universalistico che nasceva dal riconoscere il diritto di essere cittadini e finanziato dalla fiscalità generale. Alla fine degli anni'80 Donat Cattin, Ministro della Sanità, presentò un disegno di legge, di modifica alla 833, con cui si introducevano elementi di gestione aziendalistica e di regionalizzazione del sistema. La copiosa normativa degli anni successivi, 502/517/229..., accentuò questi caratteri fino a conferire ogni potere programmatico e gestionale alle Regioni. Nacquero così venti sistemi sanitari regionali che, nella diseguaglianza dei trattamenti, rendono, mutuando Orwell, alcuni cittadini più uguali degli altri nel rispetto di un diritto costituzionale. Ma la minaccia più grave per tutto il Servizio Sanitario pubblico è rappresentata dal suo progressivo sotto finanziamento e si sa che senza soldi non si canta messa! (Groucho Marx soleva ripetere :"Ovviamente nella vita ci sono un mucchio di cose più importanti del denaro ma costano un sacco di soldi"). È l'OMS a lanciare l'allarme: un finanziamento sotto il 6,5% del Pil rischia di non garantire un'assistenza adeguata. Nel Documento di economia e finanza, varato a dicembre 2017 dal Consiglio dei Ministri, si evidenzia una inarrestabile riduzione negli anni della quota del Pil destinata alla spesa sanitaria. Dal 7,3 del 2010 al 6,6 del 2017, quindi, ogni anno un decimale in meno fino al 6,3 del 2020. Da qui la crisi del sistema già in atto: riduzione dei posti letto ospedalieri, carenze di personale medico e infermieristico, pronti soccorso ormai veri gironi danteschi dove si garantiscono a fatica prestazioni sanitarie ma sempre meno si garantisce il rispetto della dignità umana, liste di attese ormai inaccettabili sotto ogni profilo, medico ed etico. Nel contempo cresce la spesa sanitaria privata che raggiunge i 35 miliardi. è il ritorno alle mutue sotto l'accattivante spoglie del "second welfare". Milioni di Italiani,14, hanno nel 2017, un'assistenza sanitaria integrativa; nel 2025 saranno 21 milioni. Non solo, quindi, lavoratori autonomi e dirigenti di azienda ma semplici dipendenti, operai. Il fondo sanitario dei metalmeccanici, Metasalute, è diventato obbligatorio con un milione e mezzo di iscritti. Vi ricordate i cortei sindacali che reclamavano fra i giusti diritti quello della tutela della salute per tutti? Oggi nei consigli di amministrazione dei Fondi siedono rappresentanti datoriali e sindacali. A incentivare il fenomeno è la tassazione molto favorevole di questa voce in busta paga il che vuol dire, non dimentichiamolo, meno introiti per lo Stato. Si va verso un sistema binario: il servizio pubblico per i meno abbienti, quello privato per chi può. Ma il servizio pubblico rimane ancora l'approdo per patologie più impegnative e indagini diagnostiche più raffinate e se è scadente lo è per tutti! Di fronte a tale sconfortante quadro chi ha creduto e crede nel Servizio Sanitario pubblico non ha voglia di festeggiare i suoi “primi quarantanni”. Mentre qualcuno stappa bottiglie di spumante: cioè chi ha creduto, al contrario, che la sanità sia sempre e solo nu grande bisinisse. Nell'Italia delle più recenti conquiste di nuovi diritti civili si tenta di archiviare quelli che ritenevamo definitivamente acquisiti dimenticando come la salute sia sempre in cima ai pensieri di tutti. Ce lo ricorda il grande Massimo Troisi, in "Ricomincio da tre ", quando alla compagna, in procinto di regalargli un figlio di dubbia paternità, che sospira "se c'è l'amore..." risponde: "...no! Quella è la salute..!"