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del dott. Alberto Volponi

Non  è un invito a esorcizzare le difficoltà quotidiane ma l'esortazione a riflettere sulla mancanza di medici. Siamo rimasti senza medici! Una emergenza annunciata, come tante altre. Negli anni '80 si agitava lo spauracchio della pletora medica paventando ripercussioni sulla preparazione dei medici nonché sulla dequalificazione nell'esercizio della professione di un esercito di semi disoccupati. "La pletora medica" fu un motivo determinante nel varare il numero chiuso nell'accesso ai corsi di laurea in medicina. Stante alle norme di legge, la più esplicita il decreto legislativo 229/99, art. 6 ter, il numero chiuso doveva essere oggetto di atti programmatici del Ministero della Sanità in base alle esigenze sanitarie della collettività nazionale. In verità il numero da programmare è diventato ben presto un "affare" esclusivo dell'Università e determinato in base alla capacità formativa delle stesse. In invarianza di queste, per oggettivi problemi strutturali, logistici, economico-finanziari, il numero dei medici da formare è rimasto invariato nei decenni, senza tener conto dei mutamenti sociali, dei dati epidemiologici di una società cambiata nel tempo. Ignorando inoltre l'andamento demografico degli stessi medici in servizio, destinati, come tutti gli esseri umani, ahimè, a invecchiare. Per questo ultimo aspetto l'unico ente o istituzione attenta all'evoluzione demografica è stato quello della Previdenza, dell'Enpam, giustamente previdente, vista la sua funzione, nel calcolare la "gobba" di uscita e affrontarla sia mettendo in cascina le risorse economiche necessarie, sia con la modifica dei trattamenti pensionistici. Tutti i dati che abbiamo ci dicono che oggi mancano all'appello 8 mila medici ospedalieri. Nel 2009 i medici in corsia erano 118.659, secondo lo studio dell'Anaao-Assomed, il sindacato più rappresentativo della dirigenza medica, scesi a 112.741 nel 2014 e nel 2017  a 110.885. Non stiamo meglio con i medici di famiglia. Dei 45mila e duecento medici di medicina generale, ci dice la loro Federazione, la Fimmg, ben 21.700 andranno in pensione entro il 2023, a fronte di uno sparuto gruppo di seimila giovani medici che entreranno nel sistema. Risultato della semplice operazione aritmetica è che nei prossimi anni mancheranno 16mila medici così che un terzo, degli italiani non avrà il suo medico di famiglia. Altro elemento quasi misconosciuto che assottiglia il numero dei medici disponibili è il fenomeno migratorio. Dal 2005 al 2015, 10.104 medici italiani sono espatriati; il 33% in Gran Bretagna, minacciati ora dalla Brexit, più al sicuro il 26% che ha scelto la Svizzera. Un dato allarmante è che di tutti i medici europei che emigrano dai loro paesi il 52% è italiano; il secondo paese di questa graduatoria di "fuggitivi" è la Germania con il 19%. Si cerca di correre ai ripari. Con un altro decreto omnibus - chiamato Calabria - a conferma di una carenza di visione strategica e di organicità nelle iniziative da intraprendere, in cui sono state inserite alcune norme quali l'aumento delle borse di studio per le specializzazioni da 6.100 a 8.000, e dagli attuali 10.000 aumentati a 11.600, i posti per Medicina. "Non un intervento risolutivo" ammette il ministro Grillo, ovvero un'altra pezza a colori del grande pacthwork italiano. Nello stesso decreto è previsto uno sblocco parziale del tournover e l'assunzione in particolare nel settore dell'emergenza degli specializzandi al terzo anno sui quattro o cinque previsti per conseguire il diploma. Questo è un aspetto delicatissimo. è chiaro che i medici non avendo compiuto il loro percorso formativo, né verificate con un esame finale le competenze acquisite e per di più destinati a un settore quale l'emergenza, rappresentano una preoccupazione per la qualità delle prestazioni che possono offrire. Nel frattempo ognuno cerca di arrangiarsi, innata virtù italica. Come in ogni condizione di pericolo si attivano i centri e i processi neurali della fantasia umana che non conosce confini. Il bello del fantasticare è che non sei obbligato a simulare gli effetti dei tuoi sogni. Cosi le Regioni attivano i più fantasiosi e onerosi rapporti di lavoro con i medici pensionati a volte da tempo immemorabile. Il ministro della Difesa ha generosamente mobilitato il glorioso esercito italiano che, per fortuna sua e nostra, da settant'anni non fa più guerre, ma si è distinto in questi lunghi anni per professionalità, abnegazione, coraggio in ogni drammatica emergenza nazionale: dalla inondazione del Polesine a quella di Firenze, ai terremoti del Belice, Irpinia, Friuli, tanto per citare alcuni degli eventi calamitosi che hanno colpito la nostra Italia. Da qualche anno si registra la tendenza ad abusare della disponibilità e diremo della pazienza (quousque tandem...) del nostro esercito chiamato a spalare la neve a Roma, a tappare le buche della Città eterna, a far da guardia ai centri di raccolta dei rifiuti per evitare incendi dolosi. L'operazione strade sicure con presidi che vigilano su chiese, strade, monumenti, sedi pubbliche di partiti e private, 31 siti Unesco, dura dal '93, dal tempo delle stragi di mafia. Una emergenza che dura 26 anni! L'esercito svolge i propri compiti istituzionali con una forza di 5.950 militari, altri 7.100 sono l'esercito della "salvezza" per le attività improprie. La mancanza, quindi, di medici e i pallidi, a volte fantasiosi correttivi, non possono non preoccuparci. “Pensiamo alla salute” ovvero evitiamo di ammalarci, a meno di voler smentire Alessandro Magno che concluse la sua breve esperienza di vita con uno sconfortante: ”Muoio grazie all’aiuto di troppi dottori”.

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