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del dott. Alberto Volponi

 

Da anni la politica e la magistratura si misurano sul terreno delle cure mediche spesso prescindendo dall'evidenza scientifica. L'equilibrio fra poteri, in questo caso politico e giudiziario, è uno dei pilastri fondanti del sistema democratico. Di per sé, quindi, molto delicato. In vero, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, un vero equilibrio non è stato mai raggiunto con il prevalere, ciclicamente, dell'uno sull'altro. Una volta erano i politici a condizionare le carriere dei magistrati; dagli anni ‘90, dall'epopea di "mani pulite", i ruoli si sono spesso invertiti. Solo sul terreno delle cure mediche si sono registrate, nel tempo, una serie di iniziative convergenti, quasi una santa alleanza, accompagnate dalla grancassa del solito circolo mediatico, oggi arricchito dai social. Iniziative che hanno un unico denominatore: la scarsa considerazione, o addirittura diffidenza, verso l'evidenza scientifica e che, dobbiamo ammetterlo, sono espressione di un più ampio deficit culturale nella Terra di Galileo Galilei! Uno dei primi episodi in cui si registrò questo strano connubio fu la vicenda del siero Bonifacio. Siamo nel 1959, giusto 60 anni fa, quando un veterinario siciliano, Bonifacio, ritenendo che le capre non si ammalano di cancro, supposizione fra l'altro errata, pensò di preparare dagli escrementi delle stesse e dalle loro urine, un siero da iniettare ai malati di cancro. Sotto la spinta di una ben orchestrata campagna di stampa l’allora Ministro della Sanità, Ripamonti, nonostante l'indignazione del mondo scientifico, autorizzò una sperimentazione su 16 pazienti. 4 morirono durante la sperimentazione che venne interrotta. Ma l'imperterrito dott. Bonifacio continuò a "curare" decine di poveri disperati fin quando un magistrato ipotizzò delle irregolarità nella sperimentazione e il Ministro di turno, Altissimo, pensò opportuno dare vita a una nuova sperimentazione. La relativa commissione nemmeno si insediò perché il dott. Bonifacio, forse a seguito della notizia di uno studio su cavie negli USA,  mise fine egli stesso alla produzione del siero. Ben più complessa la vicenda Di Bella, medico che fin dagli anni '60 aveva messo a punto un protocollo terapeutico per i malati di cancro (sempre loro, i più indifesi e facili vittime di promesse di soluzioni miracolistiche ) consistente in un cocktail di farmaci, vitamina D, acido retinoico, melatonina con aggiunta di somatostatina. Negli anni ‘90 la terapia raggiunge le cronache e se ne interessa la Commissione Oncologica Nazionale, quindi la Commissione unica del Farmaco, infine il Consiglio Superiore di Sanità , tutti unanimi nel loro parere negativo. A riaprire il caso fu un pretore di Maglie, cittadina pugliese che ricordavamo per aver dato i natali ad Aldo Moro, che ordinò all'allora USL di curare gratuitamente con il protocollo Di Bella un bambino affetto da tumore al cervello. Lo stesso Pretore pugliese firmò altre 16 ordinanze per altrettanti casi e a quel punto fu la corsa in tutta Italia a emettere analoghe ordinanze da parte di pretori, giudici del lavoro, immancabili TAR. I maggior anchorman di allora, ancora oggi sulla scena, Santoro, Costanzo, Mentana sposarono la causa. Il ministro della Salute, Bindi, costituì la rituale commissione che terminò i suoi lavori affermando che su 386 pazienti trattati con il metodo Di Bella solo tre avevano evidenziato dei modesti risultati positivi. La Regione Lombardia, in un'analoga sperimentazione, aveva avuto riscontri identici: su 333 casi solo uno aveva presentato un qualche miglioramento. L'eco della cura Di Bella sembrava spegnersi quando il ministro della Salute, Storace, appena insediatosi, e siamo arrivati al maggio del 2005, nel nome della libertà della cura, rilancia: la somatostatina sarà inserita nel prontuario terapeutico in fascia A ovvero sarà gratuita. Il ministro fece anche sapere che si sarebbe recato a "portare un fiore" sulla tomba del Prof. Di Bella, deceduto due anni prima, come doveroso omaggio a “uno scienziato e un benefattore dell'umanità”. Ci sono voluti altri anni di clamorosi insuccessi e di sconfessioni da parte della comunità scientifica internazionale per far tramontare il metodo Di Bella. L'eco del caso stamina si è da poco spento. In questa vicenda l'azione della Magistratura è stata ancor più invasiva e così contraddittoria per cui, in molti casi, chi veniva autorizzato dal magistrato a somministrare la terapia con cellule staminali era indagato da altri magistrati! L'ideatore del metodo, un certo Vannoni Davide, con una laurea in semiotica e specialista in pubbliche relazioni e cura dell'immagine, nel 2004 si era recato in Ucraina, noto Paese all'avanguardia  nella ricerca medico-scientifica, per curarsi una emiparesi con un trattamento a base di cellule staminali. Tornato, affermò di essere migliorato al 50% e, con l'aiuto di due biologi russi, che presto torneranno in patria, mise a punto una terapia per malattie neurodegenerativa con cellule staminali: costi da 20 a 50mila euro per trattamento. Arriva la prima denuncia per truffa, e fra una ordinanza  che vieta il trattamento e una che lo autorizza esplode il caso. Questa volta è la trasmissione Le Iene a sponsorizzare il metodo e a suggestionare anche Celentano che scrive una lettera aperta al Ministro Balduzzi. Pronto, subito, un decreto legge per autorizzare la prosecuzione dei trattamenti, e una legge di conversione con uno stanziamento di tre milioni di euro per la sperimentazione. Gli esiti della sperimentazione, le prese di posizione del mondo scientifico internazionale, i guai giudiziari del sig. Vannoni hanno chiuso anche questa dolorosa e sconcertante vicenda. È invece più fresca la polemica sui vaccini e i loro effetti collaterali. Anche in questo caso una forza politica ha cavalcato a lungo le posizioni no-vax fin quando, assumendo la responsabilità diretta del Ministero della Salute, ha avviato una più ponderata riflessione sul ruolo dei vaccini nella difesa della salute del singolo e della collettività. La Magistratura non ha perso occasione, con qualche procura e tribunale, di dare il meglio di sé nello sposare teorie, da tempo ampiamente smentite, sui danni che i vaccini possono provocare. È stata riesumata la storia dell'autismo, sindrome di ignota etiopatogenesi, forse genetica, addebitata invece al vaccino trivalente, una storia nata come una vera e propria truffa nel Regno Unito, smascherata con successiva radiazione dall'albo del medico che l’aveva inventata e  che - come si dice a Roma - ogni tanto "riciccia", insieme ad altre sconsiderate teorie che finiscono per disorientare l'opinione pubblica. Non è un caso che l'Eurobarometro, in una recentissima indagine, valuta in 48% gli italiani convinti che i vaccini provocano effetti collaterali dannosi. Nel concludere questa così poco edificante carrellata di assurde vicende c'è da riflettere nel sistematico richiamo  che politici e magistrati a sostegno delle loro posizioni fanno dell'art. 32 della nostra Costituzione, articolo che sancisce il diritto alla salute come diritto fondamentale e implicitamente la libertà di scelta delle cure. Libertà che deve essere, tuttavia, funzionale a rendere concreto e fruibile il diritto costituzionalmente garantito. Cure, quindi, scientificamente validate per essere autorizzate e rese gratuite in un quadro di scelte politiche nell'allocazione delle risorse necessarie. Insomma abbiamo bisogno di certezze scientifiche: non possiamo essere ancora l’Italia di maghi, imbonitori, fattucchiere, madonne che piangono dappertutto e ora anche di terrapiattisti, se non vogliamo continuare a essere il paese del mitico sarchiapone.

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