di Rossella Gemma
Una sola seduta di 10 minuti indolore per correggere il difetto elettrico del cuore dall’esterno, con alte dosi di radiazioni, senza effetti collaterali né ricovero. È la soluzione che arriva dall’IRCCS di Negrar dove Giulio Molon, Direttore dell’UOC di Cardiologia, e Filippo Alongi, Direttore del Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata e professore ordinario all’Università di Brescia, hanno arruolato e trattato, due mesi fa, i primi due pazienti affetti da recidiva di fibrillazione atriale, utilizzando la radioterapia impiegata tradizionalmente per la cura dei tumori.
Si tratta di un trattamento innovativo, nell’ambito dello studio clinico sperimentale TRAST-AF, che prevede l’arruolamento di 15 pazienti, e che potrebbe nel prossimo futuro essere una alternativa terapeutica all’intervento di ablazione della fibrillazione atriale. “La fibrillazione atriale colpisce dieci milioni di persone in Europa e 800 mila in Italia. Si tratta dell’aritmia cardiaca più diffusa tra la popolazione generale, la cui incidenza è proporzionale all’aumentare dell’età ed è una delle cause principali di ictus e di scompenso cardiaco: si porta via il 25% dell’efficacia di ‘pompa’ del cuore, provocando stanchezza, affanno e mancanza di forze” spiega Molon, Direttore della Cardiologia e coordinatore dello studio TRAST-AF.
Attualmente i pazienti con fibrillazione atriale vengono sottoposti a una procedura che prevede l’introduzione di un catetere attraverso l’arteria femorale. La punta del catetere eroga radiofrequenza ed elimina le parti di tessuto responsabili delle aritmie, collocate in un’area delicata in cui le vene polmonari entrano nell’atrio sinistro “Una procedura non chirurgica ma comunque invasiva, lunga e fastidiosa per il paziente che richiede ricovero e sedazione - osserva Molon - La radioterapia invece indirizzando il fascio di radiazioni ionizzanti ad alte dosi contro le cellule responsabili dell’aritmia, ottiene la stessa cicatrizzazione dell’area, interrompendo il corto circuito che causa la fibrillazione, ma non è invasiva, è indolore e il trattamento viene effettuato in una sola seduta della durata massima di 10 minuti. Dopodiché il paziente può tornare tranquillamente a casa” sottolinea Molon
“Nei mesi successivi al trattamento i pazienti hanno effettuato uno stretto monitoraggio con ripetuti elettrocardiogrammi comodamente da casa, oltre alla compilazione di un diario elettronico clinico trasmesso via web. Abbiamo infatti dotato i pazienti di un nuovo dispositivo che consente semplicemente appoggiando due dita su un sensore di ottenere un rapido tracciato del battito cardiaco. Questo esame viene trasmetto istantaneamente al cardiologo che può verificare in qualsiasi momento il buon funzionamento del cuore. L’obiettivo è quello di assistere il paziente in maniera continuativa anche al domicilio, cercando di limitare gli accessi in struttura. – riferisce Niccolò Giaj Levra, specialista in Radioterapia Oncologica e referente per i trattamenti cardiologici presso il Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata. “Attualmente i due pazienti su cui siamo intervenuti non hanno riportato effetti collaterali significativi. Questi iniziali risultati ci spingono a proseguire nella sperimentazione con l’arruolamento di altri pazienti, per definire meglio l’efficacia del trattamento radioterapico ablativo sul cuore, e i benefici in termini di qualità di vita sui pazienti oltre all’implementazione della telemedicina”.
“Il Dipartimento di radioterapia oncologia avanzata dell’IRCCS Negrar, vanta una dotazione tecnologica tra le più avanzate a livello internazionale – afferma Filippo Alongi, Direttore del Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata e professore ordinario all’Università di Brescia – Il livello di precisione del trattamento garantito da acceleratori lineari, ci consente di irradiare non solo tumori primitivi o metastatici, senza danneggiare i tessuti circostanti, ma anche altri tessuti anomali, come quelli che scatenano le fibrillazioni atriali e ventricolari, salvaguardando il più possibile gli organi limitrofi. Le cellule colpite - prosegue l’esperto – subiscono un danneggiamento tale da indurre l’interruzione dell’aritmia cardiaca”.
“Anche se serviranno dati più robusti, la seppur piccola percentuale di pazienti coinvolti nel nostro studio potrà dare indicazioni precise per la terapia di una anomalia del ritmo cardiaco molto frequente nei nostri pazienti, aprendo così una nuova prospettiva che nel tempo potrà dare sempre migliori risultati nella cura della fibrillazione atriale” conclude Molon.