di Rossella Gemma
Alcune persone invecchiano meglio di altre, vivono molto più a lungo della media e mantengono un buono stato di salute fino alla fase più avanzata della loro vita. Questo grazie anche al loro DNA. Il gene che codifica la proteina BPIFB4, nella sua variante LAV (Longevity Associated Variant), meglio noto come “gene della longevità”, si è dimostrato, infatti, essere molto frequente nelle persone che superano i cento anni di vita. Oggi questo gene e la proteina a esso associata confermano nuovamente il loro ruolo antiaging, mostrando di poter “ringiovanire” uno degli organi più importanti dell’organismo: il cuore. La scoperta arriva da uno studio appena pubblicato su Cardiovascular Research[1], coordinato dal professor Annibale Puca del Gruppo MultiMedica di Milano e dal professor Paolo Madeddu dell’Università di Bristol, finanziato dalla British Heart Foundation e dal Ministero della Salute italiano.
L’analisi, durata 3 anni, è stata eseguita in vitro e in vivo. Nell’ambito dello studio in vitro, a opera del team MultiMedica, le cellule del cuore di pazienti anziani con problemi cardiaci e sottoposti a trapianto, provenienti dall’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, sono state messe a confronto con quelle di individui sani. “Le cellule dei primi, in particolare quelle che supportano la costruzione di nuovi vasi sanguigni, denominate ‘periciti’, sono risultate meno performanti e più invecchiate”, spiega Monica Cattaneo, ricercatrice del Gruppo MultiMedica, primo autore del lavoro. “Aggiungendo al mezzo di coltura di queste cellule la proteina LAV-BPIFB4, ossia quella prodotta in laboratorio che corrisponde alla variante diffusa tra i centenari, abbiamo assistito a un vero e proprio processo di ringiovanimento cardiaco: i periciti dei pazienti anziani e malati hanno ripreso a funzionare correttamente, dimostrandosi più efficienti nell’indurre nuovi vasi sanguigni”.
Un risultato coerente con quanto osservato in parallelo dall’analisi in vivo condotta a Bristol su una popolazione di topi. Somministrando, tramite vettore virale, la proteina LAV-BPIFB4 a topi anziani al fine di indurre il ringiovanimento, e a topi di mezza età per prevenire l’invecchiamento, lo studio ne ha confermato l’efficacia attraverso un miglioramento della vascolarizzazione, una più efficiente gittata del sangue e un decremento della fibrosi, che sono tre aspetti chiave per valutare lo stato di invecchiamento cardiaco. Quest’ultimo risultato corrisponde a un riavvolgimento dell'orologio biologico del cuore dell’uomo di oltre 10 anni.
“La terapia genica con LAV-BPIFB4 in modelli murini (topi) di patologia aveva già dato prova di prevenire l'insorgenza dell’aterosclerosi, l’invecchiamento vascolare e le complicazioni diabetiche, e di ringiovanire il sistema immunologico”, afferma Annibale Puca, capo laboratorio presso l’IRCCS MultiMedica e professore dell'Università di Salerno, che negli ultimi venti anni ha concentrato la propria attività di ricerca sullo studio del DNA dei centenari, arrivando a identificare una variante genica denominata LAV (Longevity Associated Variant) nel gene BPIFB4, che correla positivamente con la longevità e negativamente con il grado di compromissione cardiovascolare. “Oggi abbiamo una nuova conferma e un allargamento del potenziale terapeutico di LAV-BPIFB4. Attualmente sono in corso studi in vivo che impiegano la proteina ricombinante nel cuore anziano, nel cuore diabetico e nell’aterosclerosi. Ci auguriamo di poterne presto testare l’efficacia anche nell’ambito di trial clinici su pazienti con insufficienza cardiaca”.
Dal punto di vista pratico, se le evidenze emerse in quest’ultimo studio fossero confermate dai trial clinici, in futuro una terapia con la proteina LAV-BPIFB4 potrebbe essere adottata per il ringiovanimento non soltanto del sistema vascolare e immunologico, come precedentemente descritto dal gruppo di ricerca del professor Puca, ma anche della pompa cardiaca.